Grande festa per i 90 anni di Licia

Nata in Istria, dovette fuggire con l’arrivo di Tito. Oggi dedica la sua vita agli altri

-Venerdì pomeriggio al Minigolf di Varese – che recentemente ha cambiato gestione – si è festeggiato un compleanno davvero speciale: quello di nonna Licia, che di cognome fa Baselli e che ha spento, su una magnifica torta di noci preparata con le sue stesse mani, ben novanta candeline.

È, Licia, la mente matematica di Varese in Maglia, l’associazione di volontariato tutta al femminile fondata da Antonia Calabrese che si propone, punto dopo punto, di regalare coperte e calore umano a chi li ha perduti assieme alla casa ed alla famiglia: e la sua festa di compleanno – che cadeva ufficialmente il 13 agosto – è stata organizzata, come nelle più belle favole, proprio da Antonia e dalle paladine del dritto e del rovescio, le amiche del cuore che grazie a lei non perdono il conto dei quadrotti di lana da assemblare e nemmeno dei punti caricati, degli aumenti e delle diminuzioni.

«E non sono nemmeno la più vecchia» ride l’arzilla signora con voce cristallina: «oggi l’età media viaggia proprio sui novanta, e la mia vicina di sedia ne ha 96».

Porta, Licia, sulle spalle il peso di una vita che lei stessa definisce randagia, fino all’arrivo in quel di Varese sei anni fa.

«Sono nativa di Pisino, il capoluogo dell’Istria. Studiavo matematica all’università di Trieste quando arrivò Tito a scacciare gli italiani: mio padre aveva un bar rinomato, glielo chiuse e la mia famiglia, rimasta senza sostentamento, scappò in Friuli. Mi ricordo ancora quei momenti come se fosse oggi: la disperazione degli anziani che avevano perso le loro radici, il pianto di mia sorella piccina, nata dopo la guerra e il ritorno di mia madre dalla Germania, dov’era stata deportata.

Terminati gli studi mi sposai con un ingegnere istriano come me e andammo a vivere a Milano, dove mi dedicai all’insegnamento; ma il lavoro di mio marito, e la nostra naturale propensione a sentirci incompleti in tutti i luoghi dove vivevamo per aver perso le nostre radici ci portava spesso a cambiare casa e località. A Verona vissi molto tempo; poi, quando mio marito si ammalò, decidemmo di venire a Varese per stare vicino a mia figlia, che si era sposata con un varesino».

Oggi il marito di Licia non c’è più, e lei ha passato un periodo molto buio subito dopo la scomparsa del compagno di una vita.

«Un giorno, era l’anno scorso, mia figlia mi disse che aveva letto sul giornale di un gruppo di signore anziane che lavoravano a maglia tenendosi compagnia e nel frattempo aiutavano le persone che avevano perso tutto. Mi immedesimai, mi tornarono in mente i miei trascorsi di gioventù, e volli immediatamente conoscere questa realtà: Antonia mi conquistò e mi presentò Gina, di quattro anni più giovane di me. Diventammo immediatamente amiche, e così pure le nostre figlie: la mia Fulvia con la sua Susanna, e nel corso dei magliaraduni si stabilì una grande intesa reciproca, al punto di decidere di fare le vacanze insieme. Siamo tornate da poco tutte e quattro dalla Sicilia».

È, la maglia, per Licia dai begli occhi celesti ristoro dell’anima quanto l’amicizia con Gina, e le altre compagne di avventura.

«Io ho sempre avuto la passione della maglia sin da ragazza: ha qualcosa di molto affine al calcolo, ed è una prova continua di precisione. Avevo riposto i ferri nel cassetto da anni, e il ritrovarli è stato salutare da tanti punti di vista, sia per impegnarmi in una causa benefica, sia per le amicizie splendide che ho stretto, sia per tenere allenata la mente oltre alle mani. Con Antonia e le altre ho avuto il piacere di scoprire nuove radici in una città che mi avevano descritto di gente scontrosa, e che invece per me è fatta solo di volti cordiali, di simpatia e disponibilità. Ora non mi sento più sola e so che le mie giornate trascorse a lavorare i punti hanno un valore e uno scopo, e mi sento davvero tanto fortunata ora, nell’aver riscoperto l’anima bella di Varese: quella della solidarietà».