La speranza è in un vetrino. Dirà la verità sull’omicidio?

Caso Macchi - Undici furono distrutti tredici anni fa, uno si è salvato per caso. È a Pavia, e sarà esaminato

– Omicidio : la svolta potrebbe arrivare dall’unico vetrino salvatosi dalla distruzione delle prove accidentalmente autorizzata dal gip nel 2000. Si tratta del vetrino sul quale è stato conservato l’imene di Lidia, la giovane studentessa varesina di 20 anni, stuprata e uccisa il 5 gennaio 1987 e ritrovata cadavere il 7 gennaio dello stesso anno al Sass Pinì di Cittiglio. Come è noto, undici vetrini contenenti i campioni biologici raccolti 29 anni fa durante l’autopsia sul corpo di Lidia dal medico legale incaricato di eseguire l’esame furono distrutti, con altri reperti inerenti l’inchiesta sull’assassinio della giovane scout, sebbene il fascicolo fosse ancora aperto, 13 anni fa. Una decisione “accidentale”: i reperti erano numerati, non vi era il nominativo del caso ad identificarli, e furono distrutti per fare spazio all’interno dell’ufficio del Tribunale di Varese adibito alla conservazione delle prove.

Nel 2000 andarono distrutti anche i campioni del liquido seminale appartenente all’assassino e raccolti 29 anni fa sempre in sede di autopsia. Con quelli oggi la famiglia Macchi saprebbe senza ombra di dubbio se , 49 anni di Brebbia, ex compagno di liceo di Lidia, arrestato lo scorso 15 gennaio con l’accusa di averla assassinata è l’omicida della giovane al di là di ogni ragionevole dubbio. Lo stesso campione avrebbe potuto completamente scagionare Binda se innocente.

Da quella incauta pulizia si è però salvato quel singolo vetrino sul quale è stato conservato l’imene di Lidia e che 29 anni fa fu inviato all’istituto di medicina legale di Pavia per delle analisi. Nella concitazione dell’inchiesta, visto che 29 anni fa con la tecnologia scientifico-investigativa ancora agli albori da quel reperto non emerso dati utili all’inchiesta, nessuno da Varese ne chiese la restituzione. Né da Pavia qualcuno si premurò di rinviare il vetrino a Varese. Una doppia dimenticanza provvidenziale, verrebbe da dire.
Ieri, infatti, durante l’incidente probatorio davanti al gip (nella foto a destra con Cattaneo) per fare il punto sulle indagini scientifiche in corso sulla salma di Lidia riesumata un mese fa circa, quel vetrino è diventato un’occasione. L’opportunità di trovare una traccia che possa identificare l’assassino. L’anatomopatologa, alla guida del team incaricato dal giudice per le indagini preliminari di svolgere gli accertamenti scientifici sulla salma di Lidia, ha spiegato di poter sezionare l’imene in modo da poter cercare tracce dell’assassino; anche un solo spermatozoo basterebbe. Cattaneo ha quindi chiesto la nomina di un perito genetista per l’analisi del Dna. C’è una speranza di poter far luce sull’accaduto. Il genetista lavorerà anche sui peli pubici entro i quali potrebbero nascondersi altre tracce.
Cattaneo ha anche chiesto la nomina di un tossicologo in modo da cercare di accertare se Lidia fosse stata drogata al momento dell’omicidio anche se, dopo 29 anni, accertare il dettaglio è difficilissimo. «Nessuna strada resterà intentata», aveva detto il sostituto pg Carmen Mnafredda (nella foto a sinistra) che coordina l’inchiesta qualche mese fa. E ieri, al termine dell’incidente probatorio ha detto: «L’indagine sta proseguendo».