«Varese oggi si racconta così»

L’incontro - Matteo Inzaghi, direttore di Rete 55, e i 200 anni di città: «Trovare la notizia non è più sufficiente»

– Sapersi adattare ai cambiamenti è il solo modo per evolversi. La massima vale per molte cose, e ovviamente anche per le emittenti televisive, costrette nell’ultimo decennio a misurarsi con trasformazioni epocali. Solo i più pronti e ricettivi hanno saputo vincere la sfida. È il caso di Rete 55, che non solo ha tenuto duro negli anni della crisi e dell’avvento del digitale terrestre, ma ha saputo addirittura incrementare gli ascolti, facendo recentemente registrare numeri record.
Del ruolo di Rete 55 nel panorama dell’informazione locale ha parlato ieri il direttore dell’emittente varesina, , intervistato dallo scrittore in un incontro a Palazzo Estense inserito nel cartellone di eventi per i 200 anni di Varese elevata a città.

«Dal punto di vista degli ascolti, non siamo mai andati così bene – fa sapere Inzaghi – visto che lo scorso marzo abbiamo registrato oltre 1.300.000 contatti, il nostro record. Per quanto riguarda i numeri non possiamo che essere soddisfatti. Certo, rispetto al passato è cambiato il mondo, e anche l’assetto televisivo locale ha vissuto un’autentica rivoluzione copernicana». La “nuova era” ha preso il via nel 2009, con la storica transizione dalla tv tradizionale al digitale terrestre.

«Negli ultimi sette anni è cambiata la storia – sottolinea Inzaghi – e i professionisti che si sono formati nell’epoca del digitale somigliano a dei dinosauri rispetto a chi si affaccia oggi al mondo della televisione. La rivoluzione copernicana di cui parlo ha provocato delle ricadute a tutti i livelli, compreso quello commerciale e, ahimè, occupazionale».
Questo è probabilmente il tasto più dolente: «Ai tempi in cui ho cominciato a lavorare a Rete 55 – racconta il direttore – per realizzare un servizio venivano impiegati un giornalista, un operatore, un montatore e un regista: quattro figure professionali. Adesso fa tutto una sola persona, al massimo due. L’avvento della digitalizzazione ha mandato in archivio alcune funzioni (e figure) che in precedenza venivano svolte manualmente».

Logica conseguenza di questo processo è stata la trasformazione del mestiere del giornalista televisivo (e non solo). Solo chi si adatta sopravvive, appunto. «La distinzione tra giornalista e tecnico è sempre più sfumata – rimarca Inzaghi – Oggi trovare la notizia e raccontarla è necessario ma non più sufficiente: per essere competitivo e appetibile sul mercato, il giornalista televisivo deve saper maneggiare con disinvoltura gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione». Della serie: il giornalista televisivo o è multitasking, o non lo è affatto.
Rete 55 ha vinto la sfida cambiando pelle, anche grazie a una dolorosa ma necessaria ristrutturazione. L’incontro a Palazzo Estense è stato anche l’occasione per rievocare brevemente il passato dell’emittente varesina, già fucina di personaggi diventati poi noti anche fuori dall’ambito strettamente locale: «Dal mio predecessore – elenca Inzaghi – ad , che è stato direttore di Rai Due, fino a , oggi caporedattore di Sky Tg24». Il direttore aggiunge una curiosità: «Anche la pornostar si fece conoscere sugli schermi di Rete 55: d’altronde i programmi a luci rosse sono stati un grande volano per far conoscere le emittenti locali».
Rete 55 è rimasta una delle pochissime realtà televisive del nostro territorio: «Esiste Telesettelaghi – ricorda Inzaghi – che ha saputo ritagliarsi un proprio spazio, mentre un esperimento come Varese Sat è fallito nel giro di un anno. Del resto, la televisione è un’impresa costosa: i costi fissi sono significativi, ben superiori a quelli necessari per aprire un sito internet». Le nuove sfide per il futuro? «Puntare sempre più sul multimediale» conclude il direttore.