22 anni fa la cavalcata del Diablo Oggi tocca a Nibali

Esattamente 22 anni fa la cavalcata. Riavvolgiamo il nastro: 18 luglio 1992, una giornata che resterà nella memoria del ciclismo. Una delle vittorie più belle, di sicuro indimenticabile per chi la centrò e per chi la vide. Il Diablo ed il Sestrière, da quel giorno, sono una cosa sola. Monsieur Claudio Chiappucci se ne infischiava delle tattiche, seguiva l’istinto. Proprio quell’istinto che gli consigliò di scattare nella discesa del Col des Saisies: salutò Bugno e Indurain alla partenza e li rivide all’arrivo, da vincitore. Caro vecchio ciclismo. Oltre sei ore di fuga, qualcosa di strepitoso, che difficilmente rivedremo. Rimase ben presto da solo, a 192 chilometri dal traguardo del Sestrière: si fece in solitaria cinque salite vere e poi trionfò. L’orgoglio di un italiano al Tour, con l’arrivo a casa nostra.

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Adesso è raro rivedere fughe del genere, anche perché le tappe si sono accorciate. Non c’è più il coraggio di osare di una volta, e le corse si decidono sempre e solo nel finale. Eppure le chiamano lo stesso imprese. Un’impresa è qualcosa di eccezionale, qualcosa di raro.

Sì, ma non solo follia. Non nasce a tavolino, certo, però devi essere mentalmente preparato. Io quella mattina partii per fare grandi cose, con la convinzione di farcela. Poi la vittoria si è materializzata strada facendo. Avevo studiato il percorso, avevo l’adrenalina a mille. In qualche modo dovevo staccare Indurain, dovevo mettergli paura.

Sinceramente non vedo chi possa farla. Non vedo avversari di Vincenzo in grado di fare la differenza, anche solo di attaccarlo. Poi ora, dopo una prima parte al fresco, è subentrato il caldo, e la paura di saltare è tanta, per tutti.

Si può dire che il Tour non abbia un padrone, come molti anni fa. Nibali partiva in seconda fila, dietro a Contador e Froome. Ora gli altri due non ci sono più, e la maglia gialla a Vincenzo ha dato tantissimo morale. Gli attuali avversari diretti non sono così forti. Però non si sa mai, le insidie sono tante.

Io attaccherei. L’ho fatto, anche in maglia gialla nel ’90: perché conoscevo i miei avversari, ero obbligato a correre in quel modo. Però adesso c’è meno spazio per fare grandi distacchi: in montagna il chilometraggio è ridotto. Ripeto, è da troppo tempo che le corse si decidono nel finale.

Per Nibali è un fattore positivo in questo momento, perché può gestire meglio. Se poi avrà le gambe credo che attaccherà anche lui, già sulle Alpi.

Bisogna vedere quante energie ha e che tipo di preparazione ha fatto. E soprattutto se resterà al top in tutto il Tour, quindi anche nella terza settimana. Ma questo lo sa solo lui. Non credo che possano essere gli altri a farlo saltare: l’unica è che abbia lui una giornata storta. Lo spauracchio è il caldo, che potrebbe causare disagi un po’ a tutti quanti. Con quel clima la crisi può essere dietro l’angolo per chiunque».

Molto dipenderà da quanto e se si avvicineranno gli altri da qui ad allora. Di atleti forti a crono ce ne sono: per esempio Valverde, che è campione nazionale della specialità, ma anche Richie Porte e Van Garderen. I francesi invece sono più scalatori puri, quindi si giocheranno tutte le possibilità su Alpi e Pirenei. Temo Valverde: è tosto, si è preparato bene e non va sottovalutato.

Non mi stupisco, perché Contador è un grandissimo corridore. Ad inizio Tour lo vedevo come il favorito, e lui si era preparato alla grande. È un peccato, perché avremmo assistito a un Tour tutto diverso.

Sarebbe stata una sfida stupenda sulle montagne tra questo Nibali, Froome e Contador. Indubbiamente ora Vincenzo è facilitato, ma dovrà dimostrare di saper gestire la corsa da qui alla fine. Però ripeto, al momento non vedo nessuno che possa fare il colpaccio.

Per come stanno ora le cose, sicuramente sì.

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