VARESE Un muro ricoperto di scritte non è una novità. Ma quando le scritte sono a senso unico, tutte di stampo anarchico, e quando il muro su cui sono state vergate è a pochi passi dall’abitazione di una famiglia famosa, il mix non può far altro che attirare l’attenzione.Succede a San Fermo, in via Monfalcone, a pochi passi dalla casa dove vivono i discendenti di Renè Vanetti, il partigiano trucidato in viale Belforte. Le scritte si sono sovrapposte nei mesi, sono tutte firmate con la A cerchiata, simbolo degli anarchici. L’ultima in ordine di tempo spicca rossa sul muro grigio e ricorda l’attentato a Roberto Adinolfi, manager di Ansaldo Nucleare gambizzato in maggio proprio da un gruppo di “Anarchici informali”: «Adinolfi – si legge a San Fermo – colpirne uno per educarne 100». Gli altri messaggi sono tutti dello stesso tenore, inneggiano a Carlo Giuliani, ucciso a Genova nel 2001 durante gli scontri tra black block e polizia durante il G8, oppure lanciano messaggi contro “gli sbirri”. E un altro, in giallo, denuncia il trattamento riservato ai più anziani: «Pensionati! Prima sfruttati, poi mal pagati».Marco Bordonaro, esponente leghista nato e
cresciuto a San Fermo, minimizza: «Questo è un quartiere tranquillo, infondo. Da sempre i muri si riempiono delle scritte più varie. Anche se qui, la scelta del posto può destare qualche curiosità». Secondo Paolo Cipolat, ex consigliere di circoscrizione del Pd, il muro è stato scelto solo perché «l’ideale su cui compiere gesti di questo tipo: vuoto, in un punto dove la sera difficilmente passano i controlli. Non credo proprio c’entri nulla la vicinanza con casa Vanetti».Da giovane leghista, Bordonaro cita Umberto Bossi: «I muri sono i libri dei popoli, è vero. Ma vanno scelti quelli giusti: magari quello di casa propria, non degli altri. Non condanno il gesto in sé, anche se non condivido le idee dietro questi slogan».A San Fermo non esiste, almeno non ufficialmente, né un centro sociale, né nulla di simile. Ma il quartiere non è nuovo a episodi del genere, come ricorda Cipolat: «Qualche tempo fa, di fronte al santuario di Penasca comparvero delle scritte inneggianti al Duce. Credo che si tratti, più che altro, di tentativi adolescenziali di affermare se stessi e di riconoscersi in un gruppo. Niente di troppo preoccupante, quindi».
s.bartolini
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