Choc commercio a Varese Addio a 140 negozi in due mesi

VARESE Nei primi due mesi dell’anno la provincia di Varese ha visto chiudersi 136 negozi, 26 le saracinesche abbassate solo nel capoluogo. A lanciare l’allarme sulla situazione degli esercizi commerciali è Confesercenti. Un’emorragia che le nuove aperture non riescono a frenare. Col risultato che il 2013 si annuncia come un «anno orribile».I numeri parlano chiaro. A livello nazionale nei primi due mesi dell’anno si sono registrate poco meno di 14 mila chiusure e quattromila nuove aperture, con un saldo negativo di diecimila esercizi commerciali ‘distrutti’ dalla crisi. Nel Varesotto sono poco meno di seimila le imprese attive in questo settore.E se il primo bimestre 2013 ne ha viste nascere 31, sono però 135 le chiusure definitive: undici tra i negozi di alimentari, 124 per le altre tipologie di merce. Nel capoluogo sono appena quattro le nuove attività nate tra il primo gennaio e il 28 febbraio a fronte di 26 chiusure, la maggior parte delle quali nel settore ‘non-food’. E quello che Confesercenti elabora con i numeri, «io lo vedo di persona», afferma la delegata varesina dell’associazione di categoria Graziella Roncati Pomi: «Il lavoro è completamente

fermo. Chi riesce ad avere un po’ di credito o ha dei risparmi da reinvestire riesce a tenere duro. Fino a quando? Non lo so».Prevale insomma lo scoraggiamento: «Sono nel commercio da 50 anni, ma un periodo come questo non l’ho mai visto». A complicare ulteriormente la situazione, si legge nel rapporto reso noto ieri dal sodalizio, c’è l’aumento dei canoni di affitto degli immobili a uso commerciale. Al punto che Confesercenti lancia l’allarme per la desertificazione dei centri storici e propone, per contrastarla, l’adozione del cosiddetto canone revisionabile. Ovvero un accordo tra associazioni di categoria di negozianti e proprietari immobiliari che fissi una cifra condivisa. Così che i negozianti possano permettersela e i locatori si vedano garantita un’entrata.Certamente il capoluogo è in difficoltà, ma nel resto del territorio non va meglio: la crisi è una «situazione generalizzata», come spiega il presidente provinciale di Ascom Giorgio Angelucci. «C’è un trend negativo legato alla situazione economica che sta riducendo i ricavi». E gli affitti? «Può succedere nei centri storici dove, per il rinnovo di un contratto, vengono richieste cifre che oggi sono impossibili da sostenere».

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s.bartolini

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