«Alla mia generazione nessuno diceva di creare un’impresa». Invece è proprio questo il messaggio che Federico Barilli lancia ai giovani. Il segretario generale di Startup Italia arriva questo pomeriggio alle 18 al Maga per parlare di start-up e incubatori d’impresa.
Trovo che siano dichiarazioni molto inopportune. Le start-up, come tutte le imprese, hanno una vita che può finire con un fallimento. Certamente hanno un rischio maggiore rispetto ad aziende consolidate, anche se non sempre è così. La realtà è che rappresentano una fantastica opportunità.
Sicuramente. Tutto il movimento legato allo sviluppo di nuove imprese, che non coinvolge solo i giovani ma anche persone che autonomamente decidono di mettersi in proprio, ha effetti positivi. I motivi sono due. Il primo è la creazione di occupazione, anche se per ora parliamo di numeri contenuti, qualche decina di migliaia di posti di lavoro. Il secondo è che là dove si creano situazioni di frontiera nello sviluppo di applicazioni e prodotti si può generare innovazione e portarla a tutto il sistema.
Alla mia generazione nessuno ha mai detto di creare un’azienda, di mettersi in proprio. E ancora oggi, girando per le università, vedo che sono una minoranza quelli che vogliono provarci. La questione è far scattare quel “clic” mentale.
Io dico sempre di pensarsi in squadra, di ragionare subito in logica di team. L’idea è fondamentale, però poi ci vogliono subito persone che abbiano competenze diverse, ad esempio sulle vendite, sul marketing, sotto il profilo finanziario.
Non conosco a sufficienza la realtà locale per poter dare un giudizio. Forse Milano rappresenta un centro di gravità troppo forte. Uno dei bacini di creazione imprenditoriale è dato dalle università: si potrebbe magari concludere che quelle di spicco si trovino nell’area metropolitana milanese. Ma è una lettura parziale: sappiamo che lo spirito imprenditoriale varesino è molto forte, e anche questa è una delle leve. Diciamo che mi stupisce il fatto che una realtà così dinamica abbia numeri così bassi. Ma è difficile dire le ragioni.
Il fatto che un ente locale importante come il Comune di Gallarate vada in questa direzione è positivo. Inoltre giustamente si è deciso di sfruttare un verticale forte sul territorio, con un trasferimento tecnologico dall’industria aeronautica. Le esperienze in cui si unisce la ricerca alla creazione di nuove imprese vanno nella direzione giusta: penso al Parco tecnologico padano, a ComoNext, a Bioindustry Park.
Tutte queste iniziative, almeno in avvio, hanno inevitabilmente bisogno di investimenti importanti da parte della componente pubblica: regioni, comuni, camere di commercio, fondazioni bancarie. Nella fase successiva, però, serve un approccio privatistico perché la macchina vada avanti da sola.
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