Il movimento, come disse Jean Le Boulch, è una funzione plastica e creativa che viene mortificata dalla vita sedentaria e da un’alimentazione eccessiva, mentre può essere mantenuta per tutto l’arco della vita da un’esercizio continuo, da un’attitudine costante ad una vita attiva e dall’abitudine a percepire del movimento non solo la componente meccanica ma soprattutto la sua forza espressiva.
Abbiamo chiesto al dottor , psicomotricista e formatore di Varese, perché, anche nella terza età, il movimento è fondamentale.
«Negli ultimi decenni, la psicomotricità intesa come attività volta ad integrare ed armonizzare gli aspetti psichici e motori dell’individuo, estende la sua applicazione ed efficacia anche alla cosiddetta “quarta età”, coerentemente con il principio in base al quale il benessere psicofisico è un bene prezioso da coltivare e proteggere durante tutto il ciclo di vita».
La visione globale della persona, e quindi l’intreccio tra caratteristiche motorie, emotive, cognitive e relazionali – indipendentemente dall’età anagrafica – «permette un approccio umanizzante sia in chiave riabilitativa, nel caso di soggetti con compromissioni più o meno serie, sia in funzione del mantenimento attivo delle risorse psicofisiche acquisite».
Praticata nelle strutture residenziali (Rsa), nei Centri Diurni e ormai diffusa nei diversi servizi territoriali per anziani, questa disciplina, si pone l’obiettivo di favorire e consolidare l’autostima e l’autonomia individuale, a partire da una valutazione attenta del potenziale attitudinale e dell’esperienza pregressa di ogni soggetto.
«Al centro dell’attività psicomotoria, condotta da professionisti esperti e specificamente formati, c’è la persona, con il suo sistema di capacità motorie e prassiche residue, memorie affettive, emozionali, relazionali che non possono essere scomposte e considerate settorialmente».
«L’impatto dell’anziano con la memoria (che si perde, che appare/scompare, che suscita nostalgia, che non trova ascolto..) può trasformarsi da limite a risorsa nel momento in cui riescono a riattivarsi “le memorie” corporee, multisensoriali, gestuali, così cariche di emozioni e di significati profondi radicati nel tempo, e nello stesso tempo queste possono essere accolte, custodite e socializzate».
L’esperienza psicomotoria, rigorosamente “tagliata su misura” per ciascuna situazione personale, permette, nelle condizioni ambientali di maggior benessere, di recuperare coscienza e confidenza con il proprio corpo, migliorare e mantenere l’immagine di sé, in sostanza riconquistare, pur nei limiti oggettivi, consapevolezza del proprio valore personale.
«Riscoprire, riconoscere e valorizzare il potenziale umano di ogni individuo, indipendentemente dall’integrità delle condizioni funzionali, è un compito dello psicomotricista che opera con gli anziani, in una dimensione riabilitativa, esistenziale e sociale».
Gli “strumenti del mestiere” utilizzati nell’attività psicomotoria spaziano «della stimolazione sensomotoria, all’attivazione motoria “dolce”, al gioco in gruppo con semplici oggetti (palle, palloni, cerchi, tessuti etc.), mantenendo costante l’attenzione alla relazione interpersonale, all’espressione e all’accoglienza di sentimenti e stati d’animo, alla domanda di comunicazione autentica, che è componente essenziale della salute».
La delicatezza della gestione di questa disciplina, comporta una formazione particolarmente complessa del professionista, che deve saper spaziare tra competenze psicologiche, motorie, comunicative e attitudini personali alla relazione d’aiuto.