«Io, e il nonno, qui per vincere»

Marco Pissardo, la saracinesca biancorossa: «Il mio dovere è parare»

Partita dopo partita, parata dopo parata, si sta conquistando l’onore di vestire la maglia numero 1 – piuttosto pesante da indossare al Franco Ossola- diventando una vera e propria saracinesca a difesa della porta dei sogni. Se il Varese prende pochi gol è anche (o soprattutto) merito suo e dei suoi meravigliosi tuffi, come quello che domenica, a inizio ripresa contro il Casale, ha salvato il risultato. E di fermarsi, Marco Pissardo, estremo difensore classe ’98, non ne ha nessuna intenzione. Perché, insieme ai biancorossi, vuole vincere il campionato. Proprio come vuole il nonno, il suo primo tifoso.

Sono di Baveno e lì ho iniziato. Quando avevo 5 anni tutti i miei amici sono andati a giocare a pallone: a me non piaceva così tanto, ma ho deciso di andare anche io. Mi ha portato mio padre, che è un allenatore e quell’anno iniziava la sua avventura alla guida della prima squadra del Baveno, che guida tutt’ora dopo averla portata dalla Seconda categoria all’Eccellenza. Solo che fuori ero scarso: fu proprio papà a dirmelo. Ho deciso allora di provare in porta, anche perché ero abbastanza grosso: a quell’età è perfetto per coprirla…

Ho giocato lì fino ai 9 anni. Poi al campo venne un osservatore dell’Inter per visionare un mio compagno: invece chiamarono me e l’anno dopo andai in neroazzurro, dove sono rimasto fino all’anno scorso, in Primavera. Una grande esperienza, in cui ho vinto anche uno Scudetto con i Giovanissimi Nazionali di Benoit Cauet: battemmo ai rigori la Roma. E ne parai uno…

L’Inter mi ha chiesto se volevo fare esperienza e, dopo avermi tenuto un attimo in stand-by, mi ha lasciato venire in prestito: ho raggiunto il ritiro a Ferragosto. Volevo a tutti i costi una grande occasione, questa: sono in una grande società, in una piazza ambiziosa, che vuole risalire. Ho trovato un grande allenatore come Oscar Verderame, che mi può far crescere tecnicamente. E affrontare il calcio dei grandi mi farà passare dal calcio dei ragazzi a quello degli uomini: in serie D si gioca per vincere e i tre punti contano sul serio.

Conoscevo già Granzotto, che venne all’Inter per un provino e poi andò alla Juventus: ci siamo affrontati tante volte. E, di nome, anche Talarico. Nel gruppo mi sono trovato subito bene: i giovani sono bravi e simpatici, i “vecchi” ci danno una mano, ci fanno crescere dandoci consigli. Con sincerità, anche quando ti fanno notare un errore: sono come dei mister. Vivo ancora a Baveno, dove ho finito l’anno scorso gli studi, Ragioneria, in anticipo perché ho fatto la “primina”. All’allenamento vengo sempre con i miei compagni di viaggio: Piraccini, Calzi e Musso.

Un’emozione unica: gli applausi, l’inno. E tantissimi tifosi, meravigliosi, che ci seguono ovunque, che ci sostengono nelle vittorie e nelle sconfitte. Per questo li ringraziamo sempre. E vogliamo vincere per loro.

Pesa, sì. Perché ha una grande storia, perché i tifosi si aspettano tanto. Io vorrei vincere ogni partita: non è facile, ma ci proviamo. Non possiamo ammazzare il campionato, ma abbiamo tutte le qualità per puntare alto. All’esordio col Pontisola ho sentito la pressione, l’emozione: ero teso. Arrivavo dall’Inter e volevo dimostrare di essere da Varese, e non uno che gioca perché è giovane. Il mio obiettivo è meritarmi il posto e per questo lavoro duramente. Il mio dovere è parare: mi hanno preso per questo. Se non paro, non merito di giocare.

Quella di domenica è stata bella, l’ho rivista: difficile, perché il loro attaccante ha sparato una fucilata all’angolino. Ma la mia preferita è quella contro il Pinerolo, su quel colpo di testa ravvicinato che ho spinto sulla traversa.

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I miei nonni e la mia ragazza ci sono sempre e anche mia mamma viene ogni volta che può. Sono la mia forza e quando entro in campo li cerco sempre. Nicole fa grandi sforzi per venirmi a vedere, ci tiene tantissimo. E il nonno mi segue sempre, da quando ho 5 anni, su tutti i campi, in Italia e all’estero. È contento della squadra e a Varese si è già fatto degli amici. E vuole vincere il campionato. Proprio come me.