Poz-Mrsic ed è scudetto. Una stella brilla a Zagabria «E se qui fanno festa…»

Coppia d’oro - Dal 1999 al trionfo nel campionato croato: «Veljko è ormai uno dei migliori coach d’Europa»

Tre a zero: secco, perentorio, inequivocabile. Perché lui, quando vince, lo fa per davvero (ogni riferimento al numero 1999 non è puramente casuale). Poi ci sono le dediche, quelle che servono a spiegare un pezzo di vita vissuta, a donare uno scampolo di amore, a regalare all’interlocutore almeno un grammo di un’emozione trepidante. Infine c’è la festa, piena, vera, meritata, irrinunciabile: «E qui, ve lo assicuro, sono molto ferrati sul tema». campione di Croazia è soprattutto una bella storia di amicizia profumata di Varese: con lui, fidato scudiero,

trionfa anche il capo allenatore , colui che lo ha voluto accanto a sé nell’avventura sulla panchina del Cedevita Zagabria da successore di un pezzo da novanta del calibro di . Le colonne portanti di quello che fu lo scudetto dei Roosters di fine secolo sono di nuovo insieme sul gradino più alto di un podio e sarebbe facile ora “leggere” questa vittoria lontana come una sorta di riparazione delle delusioni che entrambi hanno provato – lo scorso anno e nel 2008 – sul “pino” di Varese.

Non è così: l’indomani del 3-0 schiacciante nel derby contro il Cibona è per Pozzecco solo una grande gioia. Da spiegare: «Sono tre le ragioni che mi rendono clamorosamente contento – attacca quando lo raggiungiamo telefonicamente – E sono Veljko, i giocatori, e la società». Sotto con il primo: «Ha condotto un’annata strepitosa e sta diventando uno dei migliori coach d’Europa. Ho detto ai dirigenti di firmarlo per i prossimi vent’anni, di non farsi scappare uno come lui. Ho sentito una grande responsabilità nei suoi confronti, perché mi ha voluto fortemente al suo fianco».
E poi loro, i giocatori: «Hanno disputato una stagione super, moltiplicando il loro valore contrattuale. Questo particolare dà la coscienza di quello che hanno fatto e mi rende molto orgoglioso. Stesso sentimento per essere riusciti a mettere in campo dei ragazzi del 1999, addirittura in quintetto nelle partite di Eurolega: qui, i giovani, sono giovani per davvero».

Infine la società: «Mi sono affezionato al Cedevita in una maniera incredibile. Dal proprietario, al presidente, al direttore sportivo, alla general manager ho avuto a che fare con persone capaci di un’organizzazione di primo ordine, ma anche umili e veri amanti della pallacanestro. Ecco: io spero che a loro siano tornati indietro il mio spirito di sacrificio e la mia onestà intellettuale. Spero che possano dire: “Il Poz è proprio una brava persona”».Mettere insieme tutte e tre le componenti non è stato facile: «Il ruolo di vice allenatore è particolare – continua Gianmarco – Sei una spugna, diventi il confidente dei

giocatori perché non sei tu a decidere chi mettere in campo, ma d’altra parte sei anche il braccio destro di chi invece è chiamato a certe scelte. Devi essere bravo ad a relazionarti con le persone, a far sì che le cose scivolino via». La somma è un’esperienza incomparabile: «Mi ha arricchito molto quest’annata, dal punto di vista professionale e personale. E non posso non pensare che, potessi tornare indietro, forse non avrei fatto subito il capo allenatore sulla panchina della Openjobmetis. Dovessi essere chiamato oggi, e sia chiaro che non è una proposta, sarei diverso: più preparato, più pronto».

La chiosa è doverosamente sulla festa: «La vita di uno sportivo è fatta di sacrifici che puntano in una sola direzione: arrivare a un momento in cui puoi stare insieme ai tuoi compagni e godertela. Un giorno, qualche anno fa, chiamai Sandrino De Pol e gli chiesi: “Sandro, ma se ti dicessero che puoi rivincere lo scudetto della Stella senza festeggiarlo, tu cosa faresti?”. Lui ci pensò qualche secondo e poi mi rispose: “Lo lascerei vincere a qualcun altro”. Capite? Se nella mia carriera ho ottenuto qualcosa è perché ho sempre amato vincere e ho sempre voluto godermi la vittoria. E qui ho trovato una sintesi perfetta del mio modo di intendere lo sport: l’altra sera, dopo la partita, era già tutto pronto…».
La chiosa vera, in realtà, noi l’abbiamo fatta fare a qualcun altro sull’argomento: «Spero tanto che questa conquista gli serva nel suo percorso – è la benedizione di “papà” – È stata una bella esperienza e l’ho sentito contento: mi ha fatto piacere».