Nome e cognome vengono chiamati una volta e poi basta. Nel frastuono della “Silvio Pellico” bisogna stare attenti: il destino professionale di un intero anno ha un solo treno che passa. Ci sono donne, quasi solo donne per queste nomine nella scuola primaria.
Chi ha in mente il vecchio maestro delle elementari, magari con barba e occhiali, è semplicemente salito su una macchina del tempo: l’incombenza di formare i piccoli studenti è di colore rosa.
La precaria tipo ha in mano un foglio con l’elenco delle scuole disponibili e con certosina precisione depenna le sedi scelte di volta in volta dalle altre candidate prima di lei.
Ognuna ha un sogno ed un obiettivo più o meno vicino alla propria abitazione o ai propri affetti: ogni chiamata rafforza quel sogno o lo distrugge, ma tutto viene accettato come qualcosa di ineluttabile. E con il sorriso: sì, siamo precarie ed andiamo avanti.
Perché amiamo insegnare e non ci importa di fare chilometri ogni mattina sacrificando la famiglia, questo è il lavoro che abbiamo scelto, questo facciamo. Chi arriva pensando di trovare una “guerra tra poveri” ed un clima di fastidio e tensione si ricrede presto: le regine del tempo determinato non sono né infastidite, né tese. Sono semplicemente abituate.
Saranno in duecentocinquanta, forse di più.sfoggia sorriso, occhiali da sole e tanta speranza di un buon posto. Se proprio si deve lamentare, il primo pensiero va ai suoi alunni: «Cambiare ogni anno è un problema soprattutto per loro: non fanno a tempo ad abituarsi ad un volto ed a un metodo di insegnamento che l’anno è finito e non ti vedranno più. Non è questo il modo migliore per formarli».
Scava, scava i problemi emergono: accettazione non significa inconsapevolezza di una realtà che richiede sacrifici che ad ogni stagione si ripetono uguali.
Lo sa bene , residente a Gallarate e numero quattordici della graduatoria ad esaurimento: «Ho speso tutto il mio stipendio in babysitter perché mi hanno quasi sempre assegnato a una scuola diversa e lontana da casa. Rifarei tutto questo? Sì, anche se sono consapevole che sarà difficile diventare di ruolo: le regole cambiano spesso e con gli aggiornamenti delle graduatorie si fa fatica anche a capire le proprie possibilità di scelta a tempo determinato».
Durante le operazioni, l’aula magna della Pellico è un turbinio di voci al microfono, di chiacchiere e di domande captate qui e là: tu che posto sei? Che sede hai scelto? Quante ne rimangono? Vai fuori e scopri un mondo parallelo, quello degli accompagnatori.
Mariti soprattutto: «Rosalba fa questa vita da otto anni – racconta Salvatore, 39 primavere, mentre spinge avanti e indietro un passeggino – E ci adeguiamo: la speranza di essere stabilizzati non esiste. Alla fine l’importante è che ci sia il lavoro». Bene ma non benissimo. Meglio veder correre fuori dall’aula Maria Teresa con l’aria felice.
È andata bene: «Per la seconda volta sono riuscita ad avere un posto in una scuola di Gallarate – sorride – Ed è pure la stessa dell’anno scorso». Praticamente un primo premio, alla lotteria dei precari della scuola.
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