Giorgia ha i capelli color mandarino (tinta 046, quasi un brevetto della casa), cortissimi e dritti come spade, il sorriso largo e un’energia che trasuda da ogni poro, e quando parla di fotografia gli occhi sono già indagatori, pronti a carpire il segreto di un volto o il gesto improvviso di chi le sta di fronte. Un fisico piacevolmente morbido –un vocabolo di moda
la definirebbe “curvy”- è titolare con il papà Renato di un avviato negozio di parrucchiere per signora in via Rossini, ormai quasi storico vista la data di fondazione, il 1972, ma Giorgia Ivone ha un demone che non la lascia mai, quello dello scatto fulminante, in bianco e nero, ovunque si trovi, quando il suo istinto la spinge a inquadrare un soggetto possibile.
Nata nel 1982, sposata con Filippo, elettrotecnico, «che mi regalò a Natale la prima macchina fotografica e, dopo un iniziale scetticismo, ora alimenta la mia passione», ha fatto la sua gavetta in negozio fin da bambina, poi la scuola tecnica al serale del Cfp di Varese, tre anni di estetista e due di acconciatura, lavoro e studio e il contatto con il mondo adulto già a 15 anni.
«Tre anni fa ho capito che dovevo compiere una ricerca in me stessa, trovare uno sfogo creativo, e la fotografia poteva essere una bella palestra per dimostrarlo. Sono sempre stata affascinata dagli scatti in bianco e nero, ma non mi decidevo a fare il passo decisivo. Commentavo le fotografie degli altri, viste nei social network, e su Google plus, in una community fotografica, conobbi un architetto-fotografo romano che mi diede consigli preziosi spingendomi a provare». Così tre anni fa Giorgia Ivone, con la reflex regalata dal marito, incomincia a scattare, dopo sei mesi di
pensa e ripensa: «Capii da subito che le fotografie le volevo fare io, così studiai bene il funzionamento della macchina, per me allora un rompicapo totale, per imparare a impostare tempi e diaframmi, a “creare” un mondo attraverso il mio modo di vedere persone e cose, mettendo in funzione il mio “obbiettivo interno”». Detto, fatto. La parrucchiera incomincia a postare le proprie fotografie nei social network, su Facebook ha parecchi “like”, ma ancora non è soddisfatta, è incuriosita dalle persone, vorrebbe attraverso gli scatti carpirne la vita segreta, immaginare le loro storie.
«Cerco di cogliere ciò che, presi dalla frenesia del quotidiano, non riusciamo a vedere, fotografando le persone anche da angolazioni insolite, fissando l’attimo di un sorriso o di una smorfia, un movimento, un’ombra, un’intenzione. Non voglio omologarmi, ho la fortuna di esercitare un’altra professione e dedicarmi alla fotografia a tempo perso e soltanto per il mio piacere. Ora ho meno “like” su Facebook ma le fotografie che scatto mi piacciono assai di più», racconta Giorgia, che considera la fotografia come una sorta di autoterapia, un modo per conoscersi meglio e scoprirsi impensate capacità.
«Fotografando mi sono ritrovata più determinata e consapevole delle mie potenzialità creative. La mia è una fotografia “di pancia”, istintiva, che varia secondo le mie letture –sono divoratrice di noir, ma anche di romanzi e De Silva è il mio autore di culto- e la musica che ascolto in un determinato periodo della vita. Amo il pianoforte di Ludovico Einaudi, ma anche la classica e i cantanti stranieri, non mi precludo niente. Quando scatto ascolto sempre musica, faccio poco lavoro di post produzione, aggiusto le luci e il contrasto, non taglio quasi mai l’immagine».
Il botto Giorgia l’ha fatto al Castello di Masnago, con le sue immagini in mostra e nel libro “Meteore su Varese”, progetto di Alberto Bortoluzzi che ha coinvolto oltre cento autori, tra fotografi e scrittori.
«All’inaugurazione sono stata accolta come una star, ero esterrefatta, Alberto ha creduto subito in me intravedendo le mie potenzialità, ha voluto assolutamente i miei scatti per il libro, superando il mio scetticismo, perché capivo che mi sarei dovuta confrontare con molti noti professionisti. Gli devo molto, mi ha spalancato un mondo. A Varese non è facile fotografare le persone, la gente è sospettosa e spesso fugge dinnanzi all’obbiettivo. È stata una bella sfida anche per questo».
Anche nella professione, Giorgia mette l’intuizione artistica: «È un lavoro di mani in fondo, e quindi potenzialmente molto creativo, ma la fotografia è il modo migliore di comunicare. Non esco di casa se non ho in borsa la reflex, ormai è una parte di me».