Lidia Macchi né drogata né narcotizzata

Ora si attende la comparazione del Dna. Arrivano i riscontri delle analisi scientifiche sul cadavere della giovane varesina uccisa a 20 anni il 5 gennaio 1987

Lidia Macchi non fu drogata o narcotizzata. Arrivano i primi riscontri delle analisi scientifiche in corso di esecuzione sul cadavere della giovane scout varesina uccisa a soli 20 anni il 5 gennaio 1987. Ieri nuova udienza davanti al gip Anna Giorgetti per fare il punto sulle prime risultanze. A relazionale è stato il tossicologo nominato dal giudice. C’era infatti il dubbio che Lidia potesse essere stata drogata o narcotizzata per renderla inerme e rendere così più semplice l’azione dell’uomo che quella notte la stuprò e la uccise, secondo la ricostruzione degli inquirenti. Il 15 gennaio scorso fu arrestato Stefano Binda, 49 anni di Brebbia, ex compagno di liceo di Lidia, accusato di essere l’assassino della giovane. Binda ha sempre dichiarato di essere innocente. Non ci sono ancora, invece, i risultati più importanti: quelli relativi alla comparazione del Dna. Lidia non fu drogata, ma resta da sciogliere il nodo più importante: ovvero cercare eventuali tracce biologiche appartenenti a terzi sul corpo riesumato di Lidia e compararli con il Dna di Binda. Per completare questi accertamenti occorrerà ancora molto tempo. Ieri è stato inoltre reso noto il sì alla richiesta avanzata dall’avvocato Daniele Pizzi, legale della famiglia Macchi, che aveva ipotizzato di poter eseguire indagini difensive al Sass Pinì, luogo dove il 7 gennaio 1987

fu trovato il cadavere della ragazza. A febbraio la procura generale di Milano aveva sequestrato il parco Mategazza di Masnago. Il parco era stato scavato alla ricerca dell’arma del delitto. Sono nove in tutto le lame che potrebbero essere compatibili con le ferite riscontrate sul corpo di Lidia, che fu uccisa con 29 coltellate, ritrovate in seguito alle ricerche. Terminati quegli accertamenti la stessa operazione sarà eseguita al Sass Pinì di Cittiglio alla ricerca dell’arma del delitto e degli occhiali da vista di Lidia ma ritrovati. Secondo qua to accertato dagli inquirenti 29 anni fa Lidia non sarebbe stata uccisa al Sass Pinì. La ragazza morì dissanguata e in quel luogo fu trovata una quantità minima di sangue incompatibile con la reale scena del crimine. Pizzi ha fatto in ogni caso un lavoro eccezionale riuscendo ad individuare, nonostante la zona sia molto cambiata negli ultimi 30 anni, il luogo esatto dove fu ritrovato il corpo della giovane. I difensori di Binda Sergio Martelli e Stefano Pasella sono tornati infine alla carica. Binda deve tornare in libertà. “O quanto meno agli arresti domiciliari – ha detto Martelli – non c’è necessità che resti in carcere e tutti questi accertamenti possono essere eseguiti anche se lui tornasse libero o quanto meno ai domiciliari”.