Ha negato con fermezza ogni coinvolgimento nell’omicidio di Fabio Ravasio, Ariane Pereira Bezerra Da Silva, la figlia maggiore di Adilma Pereira Carneiro – la donna accusata di essere la mente dietro l’agguato che, il 9 agosto 2023, costò la vita al 45enne lungo la provinciale tra Busto Garolfo e Parabiago. Un delitto camuffato da incidente stradale, ma in realtà – secondo gli inquirenti – pianificato nei dettagli.
Davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio, Ariane ha risposto punto per punto alle domande, ribadendo la propria estraneità ai fatti. Lo ha confermato il suo legale, l’avvocato Edoardo Lorenzo Rossi: «La mia assistita ha chiarito la sua posizione, rispondendo senza sottrarsi. Non ci sono elementi nuovi né prove concrete che giustifichino questo fermo, arrivato a un anno dai fatti».
L’arresto della 31enne risale a sabato 26 luglio, pochi giorni dopo una nuova udienza in Corte d’Assise a Busto Arsizio, durante la quale erano stati sentiti il fratello della donna, Igor Benedito, e il compagno, Fabio Lavezzo. Secondo l’accusa, Ariane sarebbe stata parte attiva nella rete di complicità che ha portato all’omicidio.
Una tesi che il difensore respinge con forza: «È stata definita il “ragno” della tela tessuta dalla mantide – un’etichetta suggestiva, ma priva di concretezza. Siamo di fronte a una costruzione narrativa più che giudiziaria, che nasce da dichiarazioni di persone in contrasto con la famiglia».
Ariane, attualmente detenuta nel carcere di Como, sarebbe molto provata. «Non solo per la detenzione – spiega l’avvocato Rossi – ma anche per le responsabilità familiari lasciate in sospeso. Insieme alla sorella, si prendeva cura della casa e dei cinque figli della madre. Ora tutta la famiglia è sotto pressione, in un momento già segnato dal dolore e dall’incertezza».
Il procedimento per l’omicidio di Fabio Ravasio è tuttora in corso, ma la vicenda si arricchisce di ombre, contraddizioni e nuove figure da chiarire. La procura insiste sulla presenza di un piano omicida, ma la difesa punta il dito su una ricostruzione giudicata fragile. Sarà il dibattimento a dover fare chiarezza su una storia che, a un anno dai fatti, continua a scuotere profondamente la comunità dell’Alto Milanese.