Amianto: “smaltire” per credere

Assuefazione, parola dalle molteplici sfumature che può rappresentare la tendenza da parte di un individuo a tollerare una determinata sostanza nel tempo. Se oggi qualcuno mi chiedesse che considerazione ho dell’amianto o di definire, concentrando in una parola, come questo materiale interagisca con la mia vita, utilizzerei proprio “Assuefazione”. Questo perché, avendone subito gli effetti, pur conoscendo la sua natura pericolosa, ne tollero la presenza, incurante degli effetti che potrebbe avere sul mio organismo. Quanti di noi infatti, quotidianamente, muovendosi nei centri cittadini, vedono e/o passano a ridosso di manufatti con elementi in fibro-cemento? Ma quali sono stati i motivi che mi hanno portato a questa considerazione?

Come spesso accaduto anche per altri materiali, l’amianto entra nella vita e negli usi umani in seguito alla scoperta delle sue proprietà chimico fisiche.  Come fu per la radiazione ai tempi di Marie Curie, da un lato il notevole potenziale dimostrato dalle proprietà della fibra di amianto, dall’altro le limitate conoscenze mediche dell’epoca (in particolare sull’interazione tra questo materiale ed il corpo umano), fecero si che venissero sviluppati molteplici impieghi di questo materiale. Scoperto nell’800, grazie alle sue doti isolani,

impermeabili e ignifughe, trovò applicazione in molti settori industriali: dall’edilizia, sino all’oggettistica di tutti i giorni. L’amianto era utilizzato in quasi tutti i settori manifatturieri persino in quello dell’abbigliamento. Il reperimento come materia prima era abbastanza comune, il processo estrattivo aveva costi non eccessivi. Si riuscivano ad estrarre le fibre di amianto tramite la macinazione della roccia madre ed un successivo arricchimento che portava ad ottenere un materiale finito molto flessibile e resistente al fuoco ed al calore, all’umidità, all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione ed all’usura termica e meccanica. Insomma un materiale facilmente lavorabile, combinabile ed impiegabile. Questo fece sì che la sua diffusione fu massiva. Nel momento di massimo utilizzo di questo materiale, l’amianto era contenuto in oggetti di uso comune come fioriere, vecchi elettrodomestici, tendaggi oltre ai componenti edili: lastre di copertura, canne fumarie, pannelli di contro-pareti e controsoffitti ecc…..

I primi studi che attestarono la tossicità dell’amianto risalgono agli anni ’60 del secolo scorso, tuttavia sebbene successivamente, gli aspetti negativi emersero in modo sempre più chiaro, non si fece nulla per regolamentarne la produzione sino ai primi anni ’90! Per 30 anni, in Italia, non solo si prosegui nella produzione, commercializzazione ed uso di prodotti contenenti amianto (sebbene ne fossero segnalate le criticità), ma ci fu uno sviluppo dell’industria di lavorazione di questo materiale che rese il nostro paese il secondo produttore europeo di amianto in fibra, dopo l’Unione sovietica.

Solo con l’emanazione della L.257/1992, venne ufficialmente riconosciuta la pericolosità di questo materiale e decretata la fine della sua produzione ed impiego.

Le polveri contenenti fibre d’amianto, se respirate, possono infatti causare gravi patologie:

  • l’asbestosi; 
  • Il tumore della pleura (mesotelioma pleurico);
  • il carcinoma polmonare;

Malattie molto gravi del sistema respiratorio, che oltre a condizionare drasticamente la qualità della vita dei soggetti interessati, hanno uno sviluppo subdolo con un periodo di incubazione molto lungo. Infatti possono manifestarsi anche dopo un periodo di 25/30 ANNI dal momento di esposizione.

La patologia nasce dalla inalazione delle fibre di amianto lavorate, poiché di dimensioni infinitamente piccole (una fibra di amianto della qualità crocidolite risulta di dimensioni 1300 volte più piccole di un capello umano!) risultano difficilmente filtrabili se non con idonei mezzi di protezione. Ecco come mai è particolarmente pericolosa l’esposizione a questo materiale!

Fortunatamente, i più diffusi metodi di impiego dell’amianto, ne prevedevano la combinazione con elementi tali da compattarne le fibre limitandone la dispersione aerea.

A seguito della emanazione della L257/92 di cui sopra e delle successive modifiche ed integrazioni, venne abbandonato l’impiego del materiale per gli usi comuni, limitandone l’impiego in settori specialistici attraverso sistemi produttivi sempre più perfezionati ed attenti alla salute degli operatori. Inoltre la L257/92 diede inizio ad una progressiva mappatura di tutti i siti ove vennero impiegati manufatti in amianto al fine di raccogliere i dati necessari ad una progressiva bonifica. Tuttavia, ancora oggi è facile scorgere amianto intorno a noi. Sebbene siano passati 30 anni dalla prima norma e dalle prima operazioni di mappatura, la burocrazia e la poca sensibilizzazione verso questo tema comune quanto pericoloso, con l’aggiunta di una blanda campagna repressiva e di controllo da parte degli enti competenti, hanno di fatto consentito il mantenimento di molti dei manufatti esistenti.

Fortunatamente, in alcuni casi il progresso tecnologico ha favorito la dismissione e lo smaltimento di manufatti di amianto. L’avvento degli isolanti di origine plastica, soprattutto in ambito impiantistico e termico, ha fatto si che sparissero progressivamente le fasciature in povere di amianto che un tempo veniva usate per isolare i tubi di distribuzione dell’impianto di riscaldamento. Piuttosto che l’avvento dei pannelli grecati isolati per i capannoni industriali che stanno gradatamente sostituendo le coperture in lastre ondulate di cemento-amianto.

Ma come dobbiamo comportarci in presenza di questo materiale?

Anzitutto bisogna premettere che se per alcune tipologie di materiali, è relativamente semplice riconoscere la composizione in cement-amianto, in altri casi è impossibile farlo senza una analisi di laboratorio, quindi il primo consiglio che sono a fornirvi è: se avete il minimo dubbio che un materiale possa contenere amianto, prima di fare qualsiasi cosa, consultate un tecnico che possa darvi un parere a riguardo. MAI manomettere, rompere, sfregare o fare alcuna operazione che possa favorire la dispersione aerea delle fibre di amianto (ammesso che ve ne siano), perché è proprio l’operazione che massimizza l’esposizione e favorisce l’inalazione delle fibre.

Dopo di che possiamo raggruppare i manufatti contenenti amianto in due Macro categorie:

1. Manufatti contenenti amianto in forma COMPATTA. Questi elementi hanno una composizione solida, rigida, come per esempio le lastre ondulate di copertura dei fabbricati. In questo caso, poiché le fibre sono combinate con elementi che le compattano, se le lastre risultano esteticamente intatte, non esiste pericolo di dispersione delle fibre, è importante tuttavia mantenere una certa distanza di sicurezza ed evitare la manipolazione, rottura, taglio della lastra, come visto sopra;

2. Manufatti contenenti amianto in forma FRIABILE; Questi elementi invece contengono amianto nella forma fibrosa e/o polverosa. Come le garze di isolamento dei tubi di riscaldamento. In questo caso, vista la forma in cui si presenta, risulta oggettivamente più probabile la dispersione aerea delle fibre, pertanto, la presenza di tali manufatti risulta più complicata e pericolosa;

Entrambe queste tipologie devono essere smaltite. Data la pericolosità della materia e la particolarità del prodotto, queste operazioni devono seguire rigorosi protocolli di sicurezza, sia per gli operatori che eseguono le manovre, sia per le persone che abitano o lavorano nell’ambiente ove questi materiali devono essere smaltiti. Per questo motivo queste procedure non possono essere eseguite da qualsiasi impresa, ma solo da IMPRESE SPECIALIZZATE, che sono state abilitate a questo tipo operazioni! Smaltire i manufatti contenenti amianto ancora presenti oggi è un dovere che noi tutti abbiamo, non solo verso noi stessi ed i nostri cari ma anche verso tutte le persone che potrebbero venire a contatto con questo pericoloso materiale. Certo, come tutti i lavori edili, queste operazioni hanno un costo, esistono tuttavia da diversi anni, incentivi di natura economica che aiutano chi decide di procedere alla bonifica dei propri siti, quindi il mio invito è quello di valutare concretamente la possibilità di favorire queste operazioni, affinché la nostra sensazione di “Assuefazione”, possa lasciare spazio ad ampi respiri a pieni polmoni, sempre nel segno del benessere.

Marco Enrico Maggioni - Studio Eureka Equipe