Analizzata “In morte di un’amica”. «Nessun dubbio, è la grafia di Binda»

Susanna Contessini, il perito grafologo di parte: «Quella lettera l’ha scritta lui». La difesa indica come errate le perizie

«Quella lettera l’ha scritta Binda». Non ha avuto dubbi ieri Susanna Contessini, il perito grafologo che ha analizzato per l’accusa la lettera In morte di un’amica, missiva anonima recapitata a casa di Lidia Macchi, la studentessa varesina uccisa nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987 con 29 coltellate, il 10 gennaio 1987 giorno delle esequie di Lidia.

Per gli inquirenti quella lettera contiene elementi riconducibili al delitto: l’ha scritta l’assassino o qualcuno che sapeva molto dell’omicidio. Il 12 aprile scorso, in occasione della prima udienza del processo a carico di Stefano Binda, 49 anni, arrestato il 15 gennaio 2016 con l’accusa di aver ammazzato l’ex compagna di liceo, l’avvocato Piergiorgio Vittotini, di Brescia, ha asserito di rappresentare un anonimo cliente che sarebbe il vero autore della lettera attribuita invece a Binda.

Ma ieri il perito di parte non ha avuto dubbi:la consulente ha affermato che, il tratto e la scrittura, portano con certezza al Binda. Tra i particolari comparati convince in particolare la lettera G che, per la sua declinazione e allungamento, è uno dei segni che più sono riconducibili a Binda. La testimonianza della consulente è ritenuta molto importante dall’accusa, poiché la lettera anonima è, per la procuratrice Gemma Gualdi, una descrizione della scena del delitto,

quasi fosse una sorta di confessione e di richiesta di perdono per l’omicidio della giovane ragazza di Varese. La difesa, da par suo, ha una consulente che invece giudica, quelle perizie, sbagliate. In aula c’è stata un po’ di amarezza da parte della Contessini che ha detto di sentirsi ferita dalle accuse che le avrebbe rivolto, nella controperizia, la collega che fa da consulente della difesa. Ieri è stato chiarito quale fosse l’amore segreto di Lidia. Maria Pia Talmon aveva una certa confidenza con Lidia e, in aula, ha raccontato che la giovane vittima le confidò, all’epoca, di avere una simpatia per un ragazzo più grande di nome Angelo Sala. Detto questo, non le parlò mai, nè di Binda nè di altri. Non citò nemmeno mai un interesse particolare per la tossicodipendenza (come Binda).La Talmon, inoltre, non ha riconsciuto il simbolo scritto a valle della lettera anomina che sarebbe stata scritta da Binda (per l’accusa è il simbolo degli incontri spirituali di CL) e ha invece chiarito che la scritta “Gù”, presente sia nella borsa di Lidia che in qualche pagina trovata a casa di Binda, era un gioco che era solita fare un’amica comune, Nicoletta Buzzetti.