VARESE Equitazione in crisi, si salva solo l’eccellenza. La sessantaquattresima assemblea di Confagricoltura ha messo in luce tutte le criticità che il settore equino ha affrontato nell’ultimo anno. Riflessi della crisi economica e concorrenza delle altre forme di gioco, che hanno gradualmente messo in ginocchio sia il settore del cavallo da corsa che quello da diporto. «Note di estrema criticità – ha specificato il presidente dell’organizzazione agricola della provincia di Varese, Pasquale Gervasini – hanno duramente colpito il comparto equino a causa della crisi economica. Difficoltà che hanno travolto sia il settore del cavallo da corsa che del cavallo da diporto. In particolare, è il comparto del cavallo da corsa, che vanta in provincia di Varese realtà consolidate di primaria importanza, che corre il rischio di essere severamente ridimensionato con conseguenze negative sia per l’occupazione che per il territorio». Le scommesse sono in calo e le ripercussioni sui premi, ripartiti nelle varie categorie coinvolte, sono sempre meno consistenti. Ma non è certamente solo questa la ragione che ha messo in ginocchio gli allevatori di cavalli della nostra provincia. «Il discorso è molto più ampio e articolato – spiga, il vicepresidente degli allevatori equini, Ferruccio Badi – La crisi del comparto ippico ha raggiunto dimensioni tanto importanti perché si sono commesse leggerezze e si è sottovalutata ogni sfaccettatura delle attività legate al cavallo». Dalle manifestazioni di categoria, passando per i provvedimenti governativi, fino alla miopia delle istituzioni locali e delle stesse federazioni. Il cavallo è in crisi da più punti di vista. «Il primo riguarda la decisione del Governo di inserire il cavallo
nel redditometro – continua Badi – Possedere un cavallo non è sinonimo di ricchezza. Averne uno per molti è una grande passione e ci eravamo riusciti a far passare il concetto che praticare l’equitazione non è un hobby per ricchi. Con questo provvedimento si è fatto un passo in dietro che ha penalizzato, non tanto i possessori di cavalli, quanto chi li alleva». Una crisi palpabile nella valutazione del numero di cavalli venduti, fermo da un anno, e nella drastica riduzione di cavalle coperte: gli allevatori non possono produrre un debito. «L’altra questione riguarda l’ippica, settore prigioniero dei premi e ingessato in un sistema che non funziona più. La concorrenza delle altre forme di gioco ha fatto diminuire il gettito delle scommesse, di conseguenza anche i premi pagati agli allevatori e a tutte le categorie del ramo». Insomma, i problemi sono molteplici e radicati ma una via d’uscita forse s’intravede. «La soluzione – conclude Badi – è quella di combinare un sistema che faccia quadrato intorno al comparto equino. Manifestazione che uniscano gli allevatori e promuovano l’utilizzo del cavallo. Il territorio dovrebbe riprende una serie importante di appuntamenti legati al cavallo, completando un circuito virtuoso in cui gli esemplari sfilano e gareggiano. La nostra provincia rappresenta l’eccellenza nel settore equino. La qualità dei nostri allevatori è riconosciuta e per mantenerla compiono sforzi immani. Le istituzioni dovrebbero darle il risalto che merita». E sono solo gli allevamenti a cinque stelle della nostra provincia, gli unici che sono riusciti ad affrontare la crisi, continuando a far crescere esemplari di qualità eccelsa. Valentina Fumagalli
s.bartolini
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