Bob Morse in lacrime per Gualco «Il regista della leggenda era lui»

Il telefono squilla di quel suono strano e poco familiare, tipico di una chiamata intercontinentale. Bob Morse riconosce che la telefonata arriva da Varese e risponde subito, in italiano.

«Cosa si dice di bello?». È un attimo capire che Morse non sa ancora nulla. Non sa che Giancarlo Gualco, l’uomo che l’aveva riportato a Varese dopo che lui aveva deciso di tornarsene in America per fare il medico, non c’è più. Glielo diciamo noi, e Bob scoppia subito a piangere. Succede così, quando si vivono storie che nemmeno il tempo riesce a cancellare. Il libro dei ricordi, terminati i singhiozzi, si apre e scorre genuino come l’acqua di fonte. Bob racconta: e chi siamo noi per interromperlo?

«Giancarlo era il padre della Varese che ha vinto tutto, il vero artefice di quei successi. In tutte le grandi storie c’è sempre un regista occulto, uno del quale si parla sempre poco perché lascia il palcoscenico agli altri. Giancarlo Gualco era il regista di Varese. Noi ci ricordiamo di Morse, Ossola e Menghin: siamo stati noi a sollevare le coppe e finire sui giornali. Ma se non ci fosse stato Gualco, quella storia non sarebbe stata scritta».

L’episodio più famoso, più bello. «Al termine della stagione 1974/’75 io avevo deciso di tornare a casa, negli Usa. Avevamo vinto la Coppa dei Campioni e perso il campionato, e io avevo deciso di fare il medico. Borghi aveva lasciato e stava iniziando l’era Mobilgirgi: e fu proprio il signor Girgi a venire a casa mia con Gualco per convincermi a tornare per vincere ancora. Se non ci fosse stato il suo intervento, chissà come sarebbe andata».

Il ricordo del passato si mescola con quello del presente: le ultime rimpatriate, le risate più fresche, l’ultimo saluto. «Sono venuto a Varese a giugno – continua Bob – per la presentazione del “Percorso Ignis” dell’amico Flavio Vanetti. C’eravamo tutti, e ovviamente c’era anche lui. Abbiamo parlato tanto, abbiamo ricordato, ci siamo salutati come sempre: “Ci vediamo, Bob”. L’avevo visto un po’ affaticato, ma non gli mancava la voglia di scherzare e ridere. Ricordo che a un certo punto ci siamo messi tutti in posa per la foto di gruppo, e quei matti di Zanatta e Ossola hanno spinto via Gualco con la sua carrozzina portandolo dove picchiava il sole. Poi l’hanno mollato lì da solo e se ne sono tornati a farsi fotografare. Quanto abbiamo riso. Ero certo che l’avrei rivisto, in uno dei viaggi che ogni anno faccio in Italia per trovare tutti i miei amici. Invece se n’è andato: se n’è andato un gigante».

Se n’è andato un gigante: «Tra l’altro – continua Bob – in tanti mi hanno detto che era stato anche un buon giocatore: ma io col pallone tra le mani non l’ho mai visto. L’ho sempre visto a bordocampo, in panchina, presenza costante e amica in tutte le situazioni. Noi a Varese abbiamo fatto qualcosa di grande, di unico. Giancarlo è stato il regista di tutto questo: e nessuno a Varese se lo deve dimenticare»

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