Casa in affitto, affare a metà S’incassa bene ma le tasse…

Sole 24Ore e Nomisma hanno fatto la radiografia alla città di Varese. Risultati in chiaroscuro. Ance: «Costi alti, lo si fa per pagare le spese»

– Affittare una casa di proprietà è ancora un investimento oppure è diventato un costo e basta? A questa domanda, che riguarda da vicino anche tanti varesini, ha provato a rispondere un’indagine pubblicata del Sole 24 Ore, che l’ha a sua volta elaborata da dati Nomisma.
Gli esperti hanno preso in esame una serie di parametri, come ad esempio la tassazione, le spese e il ritorno sul capitale, che poi sono stati calati nelle realtà dei singoli capoluoghi di provincia italiani.
A Varese, rispetto alla media dei capoluoghi italiani, la situazione generale non è così negativa, anche se spicca quel 61% di imposte, su tutte Imu e Tasi, e di spese che gravano sui proprietari nel caso si scelga il prelievo ordinario, rispetto al 43% se si opta per la cedolare secca.

La media italiana della tassazione sulle case date in affitto con prelievo ordinario è del 60%, mentre con la cedolare è del 42%.
Varese tutto sommato tiene rispetto al resto d’Italia, almeno a livello di tasse sulla casa, che però ad esempio sono superiori rispetto a Milano, ma inferiori a Como e soprattutto Lecco che detiene il record del 66%.
Imu, Tasi e tutte le altre tasse sugli immobili che i vari Governi nazionali che si sono succeduti negli ultimi anni si sono inventati,

non sono l’unico parametro per valutare quanto affittare una casa sia oggi un investimento. Importante è la voce del cosiddetto ritorno di capitale; Varese da questo punto di vista tiene molto meglio rispetto ad altre città italiane e alle media nazionale. In caso di cedolare secca, il ritorno è del 3.01% contro una media nazionale del 2.61%, mentre con il regime del prelievo ordinario il ritorno sul capitale è del 2.04%, quando la media generale è del 1.78%.

Da questo punto di vista, la Città Giardino batte Milano e tutte le altre città della Lombardia.
C’è poi un terzo parametro da considerare, che però è difficile da ottenere come dato empirico ed è quello della morosità degli inquilini.
Considerato tutto questo, nel capoluogo varesino, a fronte di un canone lordo di 9.428 euro annui, viene fuori alla fine, tolte tasse e spese varie, un netto di 5.419 euro in caso di cedolare e di 3.677 euro in caso di prelievo ordinario. «Il dato generale per Varese è tutto sommato ancora positivo rispetto ad altre realtà – commenta Juri Franzosi, direttore di Ance Varese, l’associazione di categoria dei costruttori edili – È chiaro che oggi, anche sul nostro territorio, il proprietario di una casa fa bene i suoi conti prima di decidere se affittarla; i costi sono altissimi. Oggi si affitta non per guadagnare quanto per coprire le spese, che comprendono anche le manutenzioni dell’immobile».
Oltre al problema della morosità, che a Varese è ancora tutto sommato contenuto, ci sono, sul nostro territorio, anche quelli della tassazione e delle rivisitazione dei valori catastali. «Sulla tassazione, che resta un problema collaterale, non si arriva mai ad un punto di caduta e questo ha azzerato la fiducia – prosegue Franzosi – Sui valori catastali il problema è sia fiscale che finanziario, perché su questi si fondano molto spesso le garanzie del sistema bancario. Con l’attuale situazione del mercato, non c’era momento peggiore per rivedere le rendite catastali dopo che per anni sono state sottostimate; siamo in un equilibrio molto precario».

C’è poi un problema generale di rapporto con la pubblica amministrazione. «Solo Busto Arsizio, nel Pgt, sta coinvolgendo gli imprenditori e parlando di riqualificazione dell’esistente – conclude il direttore – a Varese manca una visione generale e un’identità; così ci si avvia verso il declino».