A Masnago, ore 18.15 di oggi, sbarcherà il meglio del basket italiano degli “umani”, un avversario forte che però puoi ancora permetterti di guardare in faccia senza rimanere accecato, accecato da una luce extra-terrestre che come tale non ha nulla a che vedere con il mondo di tutti giorni.
Avellino non è Milano, insomma, formazione – quella meneghina – che nella tenzone della serie A ci sta come una Ferrari che corre a fianco di un gruppo di utilitarie. La Sidigas, se si vuole restare nel paragone automobilistico, è piuttosto una pregiata berlina: interni massicci (non “plasticaccia”), carrozzeria solida, motore competitivo. Ragland, Obasohan, Thomas, Leunen, Cusin (corredato da una panchina in cui siedono la potenza di Fesenko, la velocità e l’esperienza di Green, la duttilità di Zerini e i punti alla bisogna di Randolph) è quintetto da sogni “bagnati” un po’ ovunque nella penisola cestistica. A disegnarlo un Pininfarina del basket come Nicola Alberani, a guidarlo un Vettel della pallacanestro come Pino Sacripanti.
Che ne dite di questa macchina, invece? Maynor (playmaker quasi senza cittadinanza in Italia per qualità tecniche), Johnson (il miglior tiratore della storia a Virginia Commonwealth University), Eyenga (atleta come se ne vedono pochi), Kangur (tra i primi tre difensori della serie A, in attacco un “playmaker” di due metri), Anosike (miglior rimbalzista del campionato)? E se vi dicessero che l’auto ha come optional anche uno dei migliori prospetti europei (Avramovic), un potenziale crack difensivo (Pelle), due italiani che poche squadre vantano (Cavaliero e Campani) e un lottatore vero (Ferrero)? Convinti davvero che si tratti di una city car?
Il punto sta proprio qui e viene anche prima del dovuto rispetto riservato ad avversari che su otto incontri ufficiali tra campionato e coppa ne hanno perso soltanto uno. Il rendimento attuale della Openjobmetis non è quello sperato: si cerchino le cause, ma non si tiri in mezzo la competitività del roster costruito in estate, che ha tutte le carte in regola per dire la propria, almeno in Italia.
Una prova indiretta? Il nervosismo che si è respirato dopo le tre sconfitte consecutive, le parole di coach Moretti “contro” i titolari, il “caso non caso” Anosike, la “sveglia” potente di capitan Cavaliero sulla stampa cittadina. L’anno scorso l’atmosfera che accompagnò la compagine biancorossa fino alla resurrezione di febbraio inoltrato fu di franca disperazione e di confusione dettata dalla paura, figlia – a sua volta – di una squadra che non andava bene da capo a piedi. Ci si arrabbia con gli studenti lazzaroni, con quelli bravi ma insicuri, con quelli pigri, non con i poveri “asinelli” che non ci arrivano.