Come smettere di “sgarrare”

Volete sapere come si fa a smettere davvero di sgarrare? In realtà è piuttosto semplice...

Alla parola “sgarro”, affiorano alla nostra mente diverse immagini: biscotti, cioccolato, patatine, cibi fritti, pasti molto abbondanti, uscite al ristorante… tutto ciò che non viene associato a cibo sano e dietetico, ma al contrario a qualcosa da evitare e da eliminare totalmente dalle nostre tavole e dispense.

“Dottoressa, io non ce la faccio proprio a non sgarrare ogni tanto.”

“Dottoressa, glielo dico già, qualche sgarro questo mese c’è stato.”

Quante volte, in una sola giornata in studio, mi sento ripetere queste frasi; e -posso dirlo?- la sola parola “sgarro” personalmente mi fa rabbrividire.

Volete sapere come si fa a smettere davvero di sgarrare?

Eliminando la parola “sgarro” dal nostro vocabolario e non identificando più nessun cibo in tal modo.

Niente di più semplice. Se noi smettessimo di chiamare il biscottino che ci concediamo con il caffè dopo pranzo “sgarro” ma lo chiamassimo “coccola” sono certa che non avrebbe più quell’accezione negativa in cui lo intingiamo e non ci sentiremmo in colpa dopo averlo mangiato “perché non era negli schemi”. Sì, perché in seguito allo sgarro, quello che scaturisce è proprio il senso di colpa per non essere riusciti a trattenersi, per aver mangiato in più rispetto a quello che si doveva, per essere usciti dalle linee guida della dieta o dagli schemi autoimposti.

Chiamiamo le cose con il loro nome. Un biscotto è un biscotto, non è uno sgarro; e già così farà un po’ meno paura, fidatevi.

In un percorso dietetico, anche mirato al dimagrimento, è importantissimo includere i “pasti liberi” sia perché ci permettono di allentare la presa psicologica sugli schemi e uscire liberamente con amici e famigliari (ricordiamoci che la convivialità è alla base della piramide alimentare), sia perché ci permettono di rompere un po’ la routine alimentare che ci creiamo seguendo solo le tabelle nutrizionali, e ciò permette anche al nostro metabolismo di non abituarsi troppo a regimi iper controllati e troppo restrittivi.

Il vietarsi categoricamente determinati cibi e alimenti è allo stesso modo malsano e a lungo andare innesca meccanismi ancora più dannosi e controproducenti -si pensi alle abbuffate e a disturbi del comportamento alimentare come la bulimia- che il concedersi quell’alimento un po’ più sfizioso quando ne abbiamo davvero voglia.

Il senso di colpa scaturisce dopo aver mangiato qualcosa di “proibito”, quando sappiamo di aver derogato dalle regole. Ma queste regole chi le ha imposte? Tu.

Ognuno scrive le proprie regole, c’è chi demonizza i biscotti e chi la pizza, chi demonizza la pasta e chi la brioche… ma lo sappiamo tutti che rendere qualcosa inaccessibile e proibito è totalmente controproducente. Se io ti dicessi di non pensare a un elefante, qual è la prima cosa a cui penseresti? A un elefante, ovviamente.

Il desiderio e l’imposizione sul lungo periodo creano circoli viziosi che finiscono con il darci il risultato opposto a quello sperato. Invece, imparare a includere tutti -sì, proprio tutti- gli alimenti nella nostra alimentazione, sapendo che ci sono quelli che possiamo mangiare tutti i giorni e quelli che è giusto che siano più saltuari, è la chiave per vivere il cibo con serenità.

Esatto, hai proprio indovinato: serve equilibrio.

Laura Nardi – Biologa nutrizionista