Da Brindisi a Varese. Fino a Vodafone

Una start-up creata da Serafino Memmola ha trasformato la città nella Silicon Valley dell’antifurto. Ora Cobra è un colosso che ieri ha aperto le porte ai ragazzi della Frank. Raccontando una “favola”

– C’era una volta un ragazzo pugliese, emigrato al Nord tra la fine degli anni ’60 e l’inizio del decennio successivo in cerca di lavoro.
Da Brindisi a Varese il passo non deve essere stato né breve, né facile: a sorreggerlo ci sono la passione per l’elettronica – ardore che lo spinge a cimentarsi continuamente nella costruzione di circuiti e schede elettriche – e un’idea che presto gli svelerà la strada maestra.

Il giovane entra infatti in contatto con altri uomini nel fiore degli anni e decide con loro di provare ad adattare uno di questi circuiti elettrici ad un’automobile, a scopo di antifurto: quando il malintenzionato apre la portiera e provoca automaticamente l’accensione della luce interna, si crea un picco di tensione che fa scattare l’allarme. Semplice, efficace e per l’epoca assolutamente innovativo.
Il circuito esplode, ma è un botto non letterale che cambia la geografia imprenditoriale del territorio: in tanti incominciano ad investire nel settore e Varese diventa la Silicon Valley degli antifurti.


Nascono Gemini, Orvel e poi Delta Elettronica – prima sede un sottoscala con due persone e una segretaria – start up (all’epoca probabilmente non si definiva così) che vede la luce nel 1975 grazie alla lungimiranza di quel ragazzo, deciso a mettere sul piatto i guadagni del boom inatteso. La Delta incomincia a produrre un’antifurto chiamato Cobra ed arriverà a prendere lo stesso nome per definire la propria azienda, realtà che nel corso degli anni si trova a vendere i propri dispositivi alla quasi totalità delle case automobilistiche, espandendosi anche in Cina e Corea per localizzarsi vicino ai costruttori asiatici.
Le intuizioni di chi guida la Cobra non sono finite. Viene pensata e realizzata una scatola nera – anch’essa da installare nei veicoli – capace di mandare messaggi ad un satellite e da lì ad una sala di controllo per rilevare la velocità, identificare il guidatore e controllare i suoi comportamenti al volante: una manna per le assicurazioni, in grado in questo modo di quantificare con più raziocinio il premio loro dovuto dall’assicurato, senza contare le possibili applicazioni in caso di incidenti.

Arriva il giorno in cui quell’ex piccola azienda – diventata gruppo internazionale e leader di comparto con dieci filiali e 900 dipendenti in tutto il mondo – entra nella morsa della crisi, situazione quasi inevitabile avendo come clienti i produttori di automobili.
Mantenere la barra dritta non è facile: Cobra ci riesce e, grazie alla scatola nera, viene “notata” e poi rilevata nel 2014 da una grande multinazionale di servizi telefonici, fortemente interessata alle comunicazioni fra auto e satellite.
Quel ragazzo degli anni settanta si chiama Serafino Memmola e si è ora ritirato a vita privata, lasciando ad altri il suo solido testimone; quella grande multinazionale è invece Vodafone ed oggi controlla il 100% di Cobra; la “favola” appena raccontata è quella ascoltata ieri – nel secondo giorno del Pmi day – dai ragazzi della scuola media Anna Frank di Varese, ormai troppo grandi per le fiabe ma non per storie vere che riassumano in modo così incredibile il nostro “saper fare”.
A descrivere il lungo viaggio è stato Dario Capelli, responsabile del personale e da 25 anni nella storica sede tra Masnago ed Avigno. Capelli ha anche svelato indirettamente quello che forse è un altro segreto di successo: il 90% dei dipendenti della produzione è costituito da donne, le più adatte per un lavoro che richiede precisione ed attenzione nella sua ripetitività.