Digiunare fa davvero bene?

Il digiuno, specie quello intermittente, è una tecnica molto in voga per perdere peso. Ma è davvero salutare? Si può arrivare allo stesso risultato seguendo approcci meno dannosi?

Il digiuno è una tecnica dietetica molto in voga ultimamente, che millanta perdite di peso in tempi brevi e miglioramento dello stato di salute, prevenendo l’insorgenza di alcuni tipi di tumore e migliorando i parametri biochimici del sangue.

Quando si parla, generalmente, di “digiuno intermittente”, ci si riferisce in realtà a diversi modelli dietetici, caratterizzati da restrizione calorica per periodi di tempo più o meno lunghi; i più noti sono:

  • Digiuno a tempo limitato (noto anche come 16:8) che prevede l’introduzione di cibo in una finestra di 8 ore e 16 ore di digiuno
  • Digiuno a giorni alterni, che alterna giorni di digiuno a giorni di assunzione di cibo ad libitum
  • Mima digiuno, che prevede su 5 giorni, una riduzione progressiva dell’apporto calorico

Ci sono pochi studi riguardanti questi protocolli dietetici, molti dei quali nemmeno sull’uomo, e la maggior parte condotti sul breve termine; in questi studi viene sottolineato effettivamente un possibile beneficio sulla perdita di peso, ma non esistono studi sul lungo termine che possano garantire il mantenimento di tali risultati.

Esistono categorie in cui è assolutamente sconsigliato mettere in atto diete che prevedono periodi di digiuno, tra cui bambini, donne in gravidanza o allattamento, pazienti diabetici (soprattutto di tipo 1), pazienti oncologici… 

Un altro aspetto non secondario riguardante questi studi è il parametro della compliance (aderenza al protocollo dietetico): il drop out (l’uscita dal protocollo), in alcuni casi, arriva fino al 40% dei soggetti presi in esame. Questo è un dato che dovrebbe far riflettere sull’effettiva sostenibilità di un protocollo dietetico del genere e la possibilità di protrarlo nel tempo.

In alcuni studi viene comparato il digiuno con la restrizione calorica tradizionale, ovvero una classica dieta ipocalorica; da questi confronti esce vincitrice la restrizione calorica tradizionale sia in termini di risultati sul peso sia in termini di mantenimento degli stessi.

Il punto in comune tra entrambi i protocolli dietetici è proprio la restrizione calorica, i cui effetti benefici sulla salute (prevenzione oncologica, sistema immunitario, malattie cardiovascolari, longevità…) sono arcinoti e iper-dimostrati. Questo per sottolineare come non sia il digiuno in sé ad avere tali benefici, ma è il fatto di mangiare meno e assumere in generale meno calorie.

Riesco, in parte, a capire l’attrattiva che ha una dieta come questa, in quanto è possibile mangiare quello che si vuole, quanto si vuole e poi “compensare” con ore o giorni di digiuno, per riparare agli “errori”; è più facile così, in effetti, piuttosto che mettersi in gioco e imparare a mangiare sano per tutta la vita.

Ma, mi chiedo e vi chiedo, è davvero necessario attuare un protocollo del genere, così impegnativo anche a livello sociale e, a mio parere, diseducativo? Sì, diseducativo, perché il digiuno sottolinea che per raggiungere i propri obiettivi di peso e per essere in salute, bisogna privarsi del cibo, che è l’unica fonte di energia e sostentamento del nostro corpo; non insegna ad ascoltare i segnali di fame/sazietà, al contrario, anzi, ci dice di reprimerli per rientrare in uno schema. Ma l’alimentazione non andrebbe vissuta così. Bisognerebbe imparare a mangiare bene e vario, spaziando tra tutti gli alimenti e imparando a inserirli correttamente nella settimana, mantenendo porzioni moderate per tutta la vita e non per brevi periodi, evitando l’iperalimentazione, ascoltando il proprio corpo e i suoi segnali e soprattutto trovando il proprio equilibrio.

Laura Nardi - biologa nutrizionista