«Dopo Al Bano e Romina, noi eravamo i Metallica»

Dietro le quinte di Sanremo con Luca Chiaravalli direttore d’orchestra e autore del brano di Nek: «Il Festival? Caos ordinato. Conti è l’uomo giusto»

Per uno il cui motto è «nonostante tutto resto a Galla» mettersi alla prova in una città di mare è un gioco da ragazzi. Se poi la città altro non è che Sanremo nella settimana del Festival l’equazione è presto fatta: stiamo parlando del maestro Luca Chiaravalli. Compositore, arrangiatore, produttore musicale e direttore d’orchestra d’eccezione per Nek sul palco dell’Ariston.
Com’è come non è, la sua presenza non passa mai inosservata. E anche in questa occasione Chiaravalli è unico: il suo modo di dirigere l’orchestra della Rai è un concentrato di potenza forse poco ortodosso per i canoni della kermesse, ma di sicuro impatto. «Sono fatto così, mica puoi snaturarti nella musica altrimenti si capisce lontano un miglio che stai prendendo in giro chi ti ascolta» confida Chiaravalli tra una prova e l’altra.

In realtà il maestro gallaratese è un habituee della Città dei Fiori. Nel 2002, infatti, come più giovane direttore d’orchestra della kermesse diresse una quattordicenne Anna Tatangelo che stravinse la sezione Nuove Proposte con “Doppiamente fragili”. Di anni ne sono passati 12, di acqua sotto i ponti della sua carriera ancora di più. E infatti «me la vivo molto più sereno, consapevole, direi tranquillo per quanto questo termine cozzi non poco con quel “caos ordinato”

che è il Festival» racconta Chiaravalli.
L’avventura a fianco di Nek (al secolo Filippo Neviani) sul palco dell’Ariston «è nata la scorsa estate, mentre stavamo lavorando insieme al suo nuovo disco (in uscita il 10 marzo, ndr). L’abbiamo scritto tutto insieme, lui aveva voglia di girare pagina e proporre al pubblico un Nek 2.0. Ci hanno fatti conoscere e c’è stata subito sintonia» svela il maestro. Pronti, via ed erano in studio a scrivere: «Una bellissima esperienza anche perché, al di là della sua formidabile presenza scenica, Filippo è un talento musicale a tutto tondo; nel disco ha suonato le chitarre ma anche basso e batteria».

E già nel brano sanremese “Fatti avanti amore” spicca la firma di Chiaravalli su un azzeccatissimo sound rock. Tanto che è il brano sanremese più trasmesso dalle radio e svetta anche nelle visualizzazioni su YouTube. «Pensare che siamo arrivati in Riviera convinti di avere il meno sanremese dei pezzi in gara – confida ora Chiaravalli – e invece abbiamo avuto un ottimo riscontro. Chissà… Di certo la prima serata, entrando dopo Al Bano e Romina, sembravamo i Metallica». Dici poco.
Ma alla fine questo benedetto Festival, visto da dentro, com’è? «A me piace, e pure parecchio – il parere di Chiaravalli – Soprattutto Carlo Conti è una bella sorpresa, con una conduzione snella ed efficace. È bello il suo approccio dietro le quinte, sempre presente, con l’occhio su tutto ma senza mettere becco in niente. E poi ha un grande rispetto per la musica e per tutti coloro che ci lavorano intorno, non solo i cantanti ma anche personaggi secondari come per esempio i direttori d’orchestra…» sorride il maestro.

Tanta stima per Anna Tatangelo («è diventata una donna, ma per me è sempre la mia Annina») e Chiara Galiazzo (che proprio Chiaravalli fece vincere a X Factor con “Due respiri” scritta a quattro mani con Eros Ramazzotti). E poi nuove collaborazioni nate quasi per caso con i giovani Lorenzo («lo aspettavo al varco e devo dire che in italiano è ancora più originale che in inglese») e i Dear Jack. «Ho regalato un pezzo a entrambi per i loro dischi» rivela Chiaravalli. Che, dopo le ultime quarantotto ore di tour de force verso la finalissima di domani sera, ha già in mano un biglietto per gli States dove andrà «a scrivere, a 360 gradi. Mi manca, ne sento l’esigenza. Anche perché ho il cassetto vuoto e non va per niente bene».
Se chiedere pronostici non è mai carino, e farsi rispondere ancora più difficile, Chiaravalli non si nasconde: «Mi piacciono molto le canzoni di Annalisa, Masini e anche de Il Volo, che a ben guardare visto il contesto potrebbe vincere a mani basse». Perché ,in fondo, Sanremo è (sempre) Sanremo.