Droga e vestiti taroccati Stroncato il doppio business

VARESE Da una parte, il traffico di sostanze stupefacenti. Dall’altra, l’importazione e lo smercio in Italia di capi di vestiario contraffatti. In mezzo, una banda composta da una ventina di persone che faceva affari nell’uno e nell’altro campo. “Faceva”, perché sopra il loro doppio business è stata scritta la parola “fine” dai carabinieri del comando provinciale di Varese.
Concludendo un’indagine coordinata dal sostituto procuratore Tiziano Masini, i militari hanno arrestato sei persone (cinque residenti in provincia di Varese,

uno in quella di Como) di età compresa fra i 22 e i 39 anni, e ne hanno denunciate altre dodici. I nomi non sono stati resi noti: l’operazione battezzata “Murat” (come il generale francesce nominato Re di Napoli da Napoleone) è infatti ancora in corso.
Il trait-d’union fra le due reti illegali era un 32enne varesino, anch’egli finito con le manette attorno ai polsi.
A dare il via alle indagini era stato l’arresto di un albanese scoperto con un chilo e mezzo di cocaina. Passo dopo passo, i carabinieri hanno “fotografato” la rete dello spaccio di neve, ma anche di hashish. Interessava una trentina di clienti “fedelissimi”, residenti nella Valle Olona e nei boschi fra Mozzate e Tradate. Il giro fruttava circa 5mila euro alla settimana.
Una parte dei proventi veniva reinvestita nell’altro business: l’importazione dalla Turchia di capi di abbigliamento e di scarpe  all’apparenza di gran marca, ma di fatto taroccati. Gucci, Lacoste, Dolce e Gabbana, Monclair e Burberry sono solo alcune delle griffe dupicate in maniera quasi perfetta. A Istanbul venivano mandati gli originali, e quando le copie raggiungevano il grado di qualità desiderata, iniziava la produzione in grande scala. Poi i vestiti venivano trasportati con i tir in Italia attraverso la rotta balcanica. Una volta nel Belpaese venivano ceduti ad alcuni negozianti compiacenti (anche in Svizzera). Negli outlet venivano offerti a prezzo concorrenziale: venivano spacciati come merce in saldo, o come seconde scelte. Non che venissero via per poco: un paio di jeans di “marca” veniva pagato anche 130 euro.
Nell’ottobre 2008, tuttavia, uno degli arrestati era stato pizzicato dall’agenzia delle dogane di Malpensa mentre tornava da Istanbul. Aveva con sé 77 campioni contraffatti. E proprio stamattina in un magazzino di Arona, nel Novarese, i carabinieri hanno scovato altri tremila capi già in parte falsificati: mancavano solo le etichette. Il proprietario del laboratorio, un pensionato che in passato si occupava proprio di produrre abiti, è stato denunciato. Il blitz di Arona è solo uno dei 18 che, negli scorsi giorni, ha permesso ai militari di scovare anche 100 grammi di droga (fra coca e hashish) e di recuperare 10 mila euro: il sospetto è che questi quattrini siano legati a doppio filo allo spaccio.
I capi sequestrati, falsi ma di qualità tutt’altro che disprezzabile, non finiranno al macero: una volta conclusa l’inchiesta (che è ancora in corso), verranno regalati ad alcune associazioni benefiche senza scopo di lucro.

e.romano

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