«Non si guarisce dalla disabilità intellettiva. Quindi, non credete a chi sostiene che si può guarire dai disturbi dello spettro dell’autismo». A dirlo è , direttore generale di Fondazione Piatti onlus. Sono oltre due milioni le persone con disabilità intellettive che vivono in Italia, entro il 2020 si arriverà a quattro milioni. «Le esperienze, i dati e le evidenze culturali e scientifiche, oltre alle tante buone prassi esistenti, indicano chiaramente la necessità di sostegni personalizzati, precoci e tempestivi, ma soprattutto incardinati all’interno di un progetto globale di vita, che coinvolga l’intero nucleo familiare, per assicurare alle persone con disabilità intellettiva il rispetto dei diritti fondamentali in tutte le aree della vita: salute, scuola, lavoro, vita indipendente e di relazione, solo per citarne alcuni – continua il dottor Imperiali – Le terapie riabilitative che vengono messe in campo hanno l’obiettivo di migliorare il più possibile la qualità della vita di queste persone e delle loro famiglie». Conoscere i comportamenti e le
abitudini dei bambini e sapere come si relazionano agli altri e allo spazio, sono la base per impostare una corretta riabilitazione. «Il nucleo familiare è di certo il primo fattore terapeutico. Proprio per questo, nelle nostre strutture lavoriamo molto anche sui familiari stretti del bambino o della persona disabile». Sì, perché la vita delle famiglie che vivono la disabilità intellettiva e relazionale sulla propria pelle viene stravolta più volte durante l’arco della vita. Se fino ai 16-17 anni di vita del figlio disabile la gestione quotidiana – già tutt’altro che semplice – è l’unico problema dei genitori, con l’avvicinarsi della maggiore età per loro arriva il momento di affrontare nuovi angoscianti quesiti: che ne sarà di nostro figlio domani? Che ne sarà di nostro figlio dopo di noi? Questo è il terrore che avvolge la mente dei genitori, eroici, quotidianamente impegnati a evitare il corto circuito della mente, dell’attenzione, mai dell’amore. Il futuro oscuro, il presente maledettamente complicato.