Crescono i ristoranti in città: l’ultimo è una trattoria campana che aprirà domani sera in piazza Risorgimento . «C’è sicuramente un aumento dell’offerta, ma anche una differenziazione rispetto al locale tradizionale», sottolinea , manager del Durc.
Ma che cos’è «l’ibridazione» della quale parla il responsabile operativo del Distretto urbano del commercio? «Si sta copiando l’immagine anglosassone della bakery, uno spazio nel quale vado a bere il caffé e magari acquisto il pane. Oppure pranzo, con un piatto veloce». Gli esempi in città non mancano. Esiste già da qualche anno la “Bottega”, sia sotto i portici di piazza Libertà che in via Borghi. Da qualche settimana hanno aperto “Matilda”, di fronte all’ospedale nei locali dell’ex “Giulio”, e “Haus Garden” in via Ercole Ferrario.
Spazi nei quali la dimensione del bar si mescola a quella della ristorazione. Certo, rimangono anche gli spazi più tradizionali. Come appunto “Fior di farina”, la trattoria campana che aprirà domani sera. O la “Posteria San Rocco”, aperta in corso Sempione dae da . Negli ultimi tempi, però, a Gallarate sono arrivate anche alcune catene come “King’s”, la pizzeria di piazza Libertà, o “Roadhuose grill”, la griglieria di largo Boccherini, di fronte al “Casermone” dell’aeronautica. Anche sul fronte
della cucina etnica ci sono sviluppi: un ristorante cino-giapponese da 500 coperti in viale Milano e uno indiano in via Magenta si sono aggiunti a quelli cinesi, giapponesi, argentini e brasiliani già presenti in città. Senza contare i tanti kebab . Eppure, mentre l’offerta di ristorazione cresce «perfettamente in linea con l’andamento che viene registrato a livello nazionale dalle Camere di Commercio e dalle associazioni di categoria», a Gallarate i negozi chiudono. Specialmente nel centro storico.
«Nella ristorazione le economie di scala che premiano la grande distribuzione non esistono», spiega Tonnellotto, «contano l’attenzione verso il cliente, la cura e la qualità del prodotto». Se questi elementi ci sono, il costo del menù passa in secondo piano. Cosa che difficilmente avviene quando si ha a che fare con l’abbigliamento, dove la concorrenza delle grandi catene è spietata. Inoltre, quando si parla di cibo, «c’è voglia di guardarsi intorno e sperimentare. Per questo prende piede anche il gastronomico etnico». E lo stesso vale per i locali ibridi, «che coinvolgono i clienti nella produzione del cibo. L’esempio sono le vetrine sul laboratorio della pasticceria siciliana di via Cantoni». Sì, a Gallarate non brilla solo la stella Michelin di .
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