Gomme tagliate a ripetizione «È razzismo. Oppure invidia»

Abdel Lahlou, artigiano di origine marocchina in Italia da 20 anni, ha sporto quattro denunce

Gomme tagliate sistematicamente. Forati con chiodi da quattro centimetri gli pneumatici del furgone Iveco che usa per lavoro, squarciati i copertoni delle due auto di famiglia. «Se il Comune si occupa dei permessi sono pronto a pagare di tasca mia una telecamera in modo da individuare il o i responsabili. Abbiamo paura».

L’incubo è iniziato «nel 2009», spiega Abdel Lahlou, artigiano di origine marocchina, in Italia da 20 anni (è cittadino italiano) e dal 2002 residente a Brunello. Sono quattro le denunce presentate ai carabinieri della stazione di Azzate negli anni: l’ultima risale allo scorso 3 marzo. Preso di mira sicuramente. «Hanno tagliato le gomme delle auto che erano posteggiate a distanza dal furgone, soltanto le nostre – racconta l’artigiano, titolare di un’impresa edile, che a Brunello 15 anni fa ha comprato un rustico oggi completamente ristrutturato dove vive con la moglie e i figli – È chiaro che sono io, siamo noi l’obbiettivo di queste persone».

La parola razzismo viene spontanea. Lahlou preferisce però “invidia”: «Ho lavorato senza sosta, ho costruito qualcosa. Poi ho affittato uno degli alloggi ricavati dal rudere che ho risistemato tutto da solo, a degli italiani. Uno straniero che affitta agli italiani? Deve essere stata questa la molla che ha fatto scattare tutto. Non so spiegarmelo altrimenti». La famiglia Lahlou è perfettamente integrata: in casa c’è uno strepitoso disegno fatto dalla figlia maggiore per la mamma. Le tre piccole giocano con le Barbie e da grandi diventeranno nell’ordine avvocato, commercialista e medico. «Pago regolarmente le tasse – spiega Lahlou – mi piace vivere qui. Ogni volta che mi ritrovo con le gomme tagliate in molti arrivano a portarmi solidarietà o a darmi una mano per cambiare lo pneumatico. Il gommista quasi non ci crede. Sono 300 euro ogni volta se va bene». Non c’è livore nelle parole dell’artigiano ma preoccupazione.

«Soprattutto per mia moglie e le bambine – spiega – vivono e vanno a scuola qui. Se c’è qualcuno che ci odia così tanto, temo un giorno possa arrivare a fare loro del male. Ho spiegato la situazione anche al sindaco. Per le telecamere non ci sono soldi. Ma, se il Comune si occupa dei permessi per essere in regola con le normative sulla privacy, sono disposto a comprarle di tasca mia. Non ho mai creduto nel concetto dello straniero, credo nell’integrazione. Parliamo di religione. È un fatto personale. Barbe lunghe, veli, li considero una scelta personale ma non è l’abito che fa il monaco. Credo nell’integrazione che non può però essere a senso unico: rispetto le regole di questo Paese, ma non è giusto che mi vengano chiuse le porte in faccia. Con la paura e l’intimidazione. Con metodi che non rispettano la legge. Non credo sia senso civico, questo».