Il Varese in serie D?: «Con 300mila euro e l’ok del sindaco»

Biancorossi e Pro Patria uniti da un futuro simile? Ecco le risposte alle domande di una provincia, Il club di Laurenza e la procedura fallimentare

In provincia la prossima stagione calcistica potrebbe ripresentare il derby fra il Varese e la Pro Patria nell’eventualità che il primo non ripiani tutti i suoi corposi debiti non potendosi presentare con le carte in regola in Lega Pro e la seconda che non ce la faccia a rimanere tra i professionisti anche se ci potrebbe essere sempre la clausola di salvaguardia del ripescaggio a patto che poi qualcuno subentri in Via Cà Bianca a Pietro Vavassori sempre più

deciso a lasciare il timone passando la mano a qualcun altro.
I biancorossi potrebbero guardare all’ipotesi della quarta categoria del calcio italiano come al male minore col proposito di resettare tutto, imitando altre piazze gloriose o di prestigio come Padova e (anche se un po’ meno) Rimini che, dopo un anno tra i dilettanti, sono risalite in Lega Pro accompagnate dall’entusiasmo della gente. Ed altre, come il Siena, potrebbero anche seguirle.

A patto che l’attuale dirigenza dichiari lo stato d’insolvenza con l’innesco della procedura fallimentare. Insomma che l’attuale Varese vada per la sua strada dal punto di vista civilistico e di conseguenza sportivo, aprendo la possibilità alla costituzione di una nuova società che si metta nuovamente in cammino sia pure tra i dilettanti.

Che venga messo sul tavolo del presidente della Lega Nazionale Dilettanti un assegno da 300.000 euro a fondo perso oltre «ad una nuova società con dirigenti che non abbiano avuto a che fare con la vecchia società», precisa Felice Belloli, il massimo dirigente della Lega Nazionale di serie D. Va dunque tutto azzerato, ma in primis quei trecentomila che non torneranno mai indietro e sono un notevole costo sulla gestione.

Ma da considerare pure come un investimento se dopo dodici mesi si ritorna tra i professionisti.

Sono norme che valgono per tutte le categorie, a maggior ragione per quelle professionistiche dopo il caso Parma. Valgono anche per la serie D e la «domanda di ammissione a questo campionato deve essere accompagnata anche da una lettera del sindaco della città che attesti la serietà della dirigenza per non trovarci ad avere presidenti che non possano garantire il regolare svolgimento del campionato alla loro squadra», precisa ancora Felice Belloli.

A leggere gli spettatori presenti tutte le domeniche ed il seguito dei fans in trasferta, sembra proprio di si. La gente si appassiona perché la squadra gioca un campionato di testa e chi ha preso le redini della società ha varato programmi pluriennali e credibili. Tanti spettatori portano poi lucrosi incassi che permettono di attrezzare squadre competitive.
«A noi fa piacere che in serie D vi siano della grandi piazze perché dà lustro alla categoria anche se meriterebbero ben altri scenari come la serie A o la serie B», commenta ancora Belloli.

Può fare domanda e sempre sul tavolo di Belloli ci deve essere l’assegno da trecentomila euro. «In linea di principio non può ripartire dalla serie D. La domanda può essere inoltrata, poi non è detto che venga accolta – precisa il presidente della Lnd – perché andranno verificati se vi sono dei posti a disposizione ed anche altre cose. L’esperienza mi insegna che l’ostacolo dell’assegno, che non lo vedi più, è difficile da superare. È un cheque molto pesante. Si parla e si vuole, ma quando si tratta di mettere trecentomila euro che poi spariscono, in tanti scappano».