Infermieri sudamericani nell’Asst Sette Laghi, Nursing Up attacca Bertolaso: “Troppe criticità”

Il sindacato di categoria contro la scelta della Regione di reperire il personale mancante in America Latina. Dai percorsi di formazione alle barriere linguistiche "il bilancio è decisamente in chiaro scuro" . Inoltre questi professionisti "lavorerebbero tutti all'ospedale di Circolo, reparto Medicina"

VARESE – “Dal nostro viaggio-indagine nella realtà dei primi infermieri sudamericani arrivati lo scorso dicembre in Italia e inseriti nell’Asst Sette Laghi di Varese, il bilancio è decisamente in chiaro scuro”. Lo afferma in una nota Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing Up. “E’ davvero il caso di dire che la via delle Americhe si sta rivelando più complessa e tortuosa che mai. E non può essere certo una soluzione a lungo-medio termine quella di immaginare, per il presente e il futuro di realtà complesse e in piena crisi come la Lombardia – avverte – l’inserimento di professionisti sanitari stranieri non solo con titoli di studio frutto di percorsi di formazione differenti dai nostri, ma soprattutto enormi barriere linguistiche da superare, per le quali occorre un tempo che, considerati i problemi con cui siamo alle prese, non abbiamo certo a disposizione”.

“Dopo solo 4 settimane di corso di lingua italiana presso il centro accreditato regionale Gulliver, come rivelammo noi stessi all’epoca del loro arrivo, la maggior parte di questi infermieri, ne sono arrivati 11, non sarebbero di fatto autonomi – prosegue De Palma – In parole povere è stato necessario affiancare loro, dopo il corso di italiano, un ulteriore tutor, che li supporta e che, sempre salvo prova contraria, li affianca ancora oggi con la conoscenza della lingua spagnola e li aiuta nella comprensione delle funzioni quotidiane da svolgere nell’equipe, quindi sia nelle comunicazioni con i colleghi che con i malati. E’ evidente, pertanto, che di base, come d’altronde denunciammo noi stessi, c’era l’esigenza, seduta stante, di coprire le falle delle carenze, per non dover chiudere ulteriori reparti”.

“Uno dei pochi che a quanto pare non ha compreso quanto l’angusta scorciatoia degli infermieri sudamericani rappresenti una soluzione che non risolverà affatto il malcontento e la carenza di professionisti in Lombardia, così come in altre regioni, è proprio l’Assessore al Welfare, Guido Bertolaso – rimarca il presidente De Palma – che, ripetiamo nulla di personale contro il suo progetto, si ostina però a proseguire nel suo intento, convinto di avere nelle mani la panacea di tutti i mali per una Lombardia che rimane la prima regione italiana per carenza infermieristica, con quei 9mila professionisti mancanti all’appello, dati questi inconfutabili che richiedono ben altri interventi che la politica si ostina a non voler mettere in atto”.

“Sia chiaro, il suo Progetto Magellano, così lo ha definito, ovvero quello di creare ”ponti sanitari” con l’America Latina, nella speranza di coprire le nostre immediate carenze e magari anche di ”ridonare il favore” ai paesi di origine, convinto che una volta formati da noi, possano decidere, a distanza di qualche anno, anche di tornare a casa per essere sostituiti da altri colleghi con il medesimo percorso, ci appare come davvero complesso ma soprattutto destinato a rivelarsi pericolosamente infruttuoso”, osserva il presidente del sindacato Nursing Up.

“Soprattutto facciamo fatica a comprendere come si possa perdere di vista la priorità, che può essere una e una soltanto: valorizzare gli infermieri che abbiamo in casa, ridonare appeal alla nostra professione, arginare la fuga all’estero e le dimissioni volontarie, ricreare – suggerisce – finalmente un indispensabile ricambio generazionale, ricostruire la fiducia tra operatori sanitari e collettività che si sta sgretolando, giorno dopo giorno”.

“Davvero l’assessore Bertolaso può permettersi, allora, di osannare in modo trionfale un progetto del genere, di fronte al quale, palesemente, da dicembre a oggi, ed è in fondo legittimo, questi professionisti non hanno superato affatto le barriere linguistiche, non conoscono fino in fondo ancora il complesso alveo di regole del nostro sistema sanitario e soprattutto non sono completamente autonomi, anche se di alcuni di essi si riconoscono gli sforzi di adattamento e la buona volontà? Inoltre, da indagini che stiamo cercando di supportare con ulteriori approfondimenti, lavorerebbero tutti all’ospedale di Circolo, reparto Medicina”, conclude.