Invisibili, a Varese il docufilm sui danneggiati dal vaccino anti covid dimenticati dallo Stato

Grande successo di pubblico ieri per il docufilm che racconta le storie di chi sta vivendo i danni collaterali della vaccinazione. Storie accomunate da un filo conduttore di abbandono da parte delle istituzioni e di vita rovinata, nel silenzio dei media.

VARESE – Scordatevi i no vax che parlano di 5g, nessun fenomeno da baraccone o complottista da salotto. Nessuno slogan assurdo o discorso strampalato. I sentimenti che aleggiavano in sala Giove ieri sera erano un misto di indignazione, rabbia, tristezza, sdegno, tutti sentimenti legittimi che fanno capolino in chiunque abbia visto “Invisibili”, il documentario di Paolo Cassina proiettato ieri sera al MIV di Varese, già visto in diverse sale in tutta Italia nelle scorse settimane, e ieri è stato il turno della nostra città. Questa produzione vuole dare voce alle persone che hanno avuto effetti avversi gravi dopo la vaccinazione anti covid19 e che sono sostanzialmente abbandonate a sè stesse.

un momento della proiezione

E’ proprio il caso di dire “dà voce”, perché quella di Valentina, 26 anni, mentre tenta di leggere un libro, è qualcosa di devastante emotivamente. Giovane studentessa di Avellino, neolaureata in biologia, appassionata di sport e palestra, inizia ad avvertire subito dopo la vaccinazione dolori e bruciori in tutto il corpo, fino ad arrivare alla paralisi quasi totale del corpo. A distanza di 7 mesi dalla vaccinazione, la sua vita è rovinata, in quanto fa ancora difficoltà a camminare, ma non solo. La diagnosi è “disturbo neurologico funzionale”, e questo le provoca tutt’ora problemi oltre che di movimento anche di concentrazione, rendendole impossibile lavorare, studiare, e persino leggere. Vederla leggere un libro con enorme difficoltà ad alta voce, scandendo una parola per volta, come se stesse imparando ora la lettura, ti stringe il cuore.

Ma c’è anche la storia di una coppia di coniugi di Torino che, vaccinati insieme, hanno iniziato ad avvertire subito dopo la puntura gli stessi identici sintomi: bruciori e fitte in tutto il corpo, tachicardia, affaticamento costante, difficoltà a camminare e a portare pesi. Ad oggi non hanno una vera e propria diagnosi medica, né una cura cui affidarsi. La fiala da cui sono stati vaccinati è stata la stessa, hanno avuto gli stessi effetti collaterali pur essendo persone diverse. “E le altre persone che sono state vaccinate con la stessa fiala come stanno?” si domandano. La conseguenza più grave emotivamente per loro è quella di non poter più badare ai figli appena adolescenti come prima ma anzi, doversi appoggiare a loro anche per le piccole commissioni della vita quotidiana.

Valentina, studentessa di 26 anni, soffre di disturbo neurologico funzionale post vaccino.

E poi l’infermiere di Torino di 26 anni amante delle camminate in alta montagna a cui è stata diagnosticata la pericardite, l’operaia cui sono insorti problemi di memoria, un deficit del VII nervo facciale e tachicardia perenne, la pedagogista con disestesia, l’impiegato con dolori costanti e, ancora una volta, una pericardite, la mamma che ha perso il figlio appena maggiorenne a causa di un arresto cardiaco improvviso.

In sala presente un pubblico di tutte le età, circa 250 persone che hanno visto la proiezione in rigoroso silenzio, interrotto solo da un brusìo di sdegno in alcune occasioni. Oltre alle testimonianze dei malati, nel documentario spazio anche alle opinioni di medici, come il Dott. Alberto Donzelli, dirigente sanitario pubblico e specialista in igiene e medicina preventiva, il Dott. Antonio de Palma, pediatra, la Dottoressa Bruna Mascarpone, psicoterapeuta.

Ciò che emerge dalle loro testimonianze in modo univoco è l’abbandono dello Stato verso coloro che hanno avuto effetti avversi post vaccino, minimizzando i danni e lasciandoli soli ad affrontare il peso economico delle cure, nonché quello sociale e psicologico delle conseguenze. Cittadini che in maniera più o meno convinta si sono affidati alla scienza ed allo Stato e che ora sono lasciate a sé stesse con i danni causati da quella fiducia malriposta. Esistono associazioni come il “comitato ascoltami” che si occupano di dare assistenza e supporto a coloro che hanno vissuto effetti avversi post vaccinazione, le cui storie non trovano spazio né sui media né all’interno del servizio sanitario nazionale. I danneggiati oltre al danno vivono anche una beffa: non solo è quasi impossibile riuscire a dimostrare una correlazione “ufficiale” tra vaccinazione ed effetti avversi, ma sono anche costretti a pagarsi le cure da soli.

Gli ospiti nel dibattito post proiezione del documentario.

La proiezione del film, presentata da Simona Cucchiella del nuovo CLN, e con gli interventi in sala, tra gli altri, del Dott. Paolo Gulisano, medico specialista in igiene e medicina preventiva, oltre che storico e scrittore, ha come scopo proprio quello di ridare dignità a questi invisibili del vaccino, spingendo le istituzioni, oltre che la società, a prendere consapevolezza del fenomeno degli effetti avversi, che sono molti più di quelli che non si pensa. Essendo stata infatti la vigilanza post vaccinazione lasciata alla libera segnalazione dei cittadini ( QUI IL PORTALE PER EFFETTUARE UNA SEGNALAZIONE) e non seguita passo passo come avviene con altri vaccini o farmaci immessi sul mercato, le statistiche non rivelano la reale portata del fenomeno.

FARE FINALMENTE CHIAREZZA E’ UN DOVERE

La gestione della pandemia e della campagna vaccinale, con l’introduzione del green pass come strumento di convincimento delle persone a vaccinarsi, ha causato lacerazioni nella società e ha portato stigma ed isolamento verso coloro che non la pensavano, legittimamente, come il Governo. L’abbandono che le vittime di effetti avversi stanno vivendo è indegno di un paese civile, e alimenta soltanto sfiducia e rabbia verso le istituzioni, anche quelle mediche. L’approccio verso queste persone è di tipo “negazionista”,

come se gli effetti avversi non esistessero in assoluto, come se solo le vittime di covid avessero dignità mentre quelle di vaccino fossero dei reietti, o peggio, degli ansiosi paranoici. La procura di Bergamo sta indagando sulla gestione della prima ondata di marzo 2020, ma in attesa del lavoro del tribunale, ci aspetteremmo che dal Governo Meloni arrivasse una netta inversione di rotta rispetto alla denigrazione o criminalizzazione del dubbio e del dissenso che fu espresso da milioni di italiani durante il governo Draghi in merito al vaccino obbligatorio ed al green pass . Ora che le indiscrezioni e le carte pubblicate da diversi giornali parlano di caos organizzativo e di studi mancanti o nascosti sull’efficacia del vaccino e sui suoi effetti collaterali, è urgente più che mai restituire la dignità a coloro che stanno vivendo sulla loro pelle i risultati di una gestione della campagna vaccinale sconsiderata e frettolosa, dove si è proceduto a somministrare a chiunque, indipendentemente dall’età, dal sesso, dal quadro clinico, uno stesso tipo di vaccino prodotto a tempo record e con l’incognita della tossicità della ormai famosa proteina Spike, vera artefice della pericolosità del virus SARS-COVD19, che è stata introdotta nel corpo di milioni di persone sotto la minaccia del green pass, dell’esclusione sociale e della perdita del lavoro.

Non discutiamo sull’opportunità di vaccinarsi o meno, scelta che deve essere libera e consapevole e che può essere utile per proteggersi da diverse malattie. Si discute però sulle misure di coercizione e sulla mancanza di trasparenza che hanno prodotto anche un piccolo esercito di persone danneggiate cui lo Stato non garantisce i diritti di cura e risarcimento che spetterebbero per legge, oltre che costituzionalmente. Ignorare queste vicende porta solo acqua al mulino dei complottisti, che finiscono per squalificare la legittima battaglia di chi chiede giustizia. Fare finalmente chiarezza è un dovere morale per lo Stato e per i rappresentanti della comunità scientifica nazionale.