«La bellezza di un dono è l’insegnamento migliore»

Il premio - Menzione d’onore per il nostro Francesco Caielli al concorso giornalistico indetto dalla Fidas

– «Francesco Caielli ha raccontato in modo toccante una donazione speciale, la sua, e l’incontro con una ragazza in attesa di una trasfusione, alla quale ha idealmente consegnato la sacca di sangue donata. Nel suo articolo non c’è soltanto la spiegazione di una storia vissuta in prima persona: aver visto casualmente l’ingresso dei pazienti nel punto prelievi ha portato il giornalista a una riflessione ulteriore sul valore del gesto compiuto. Ed è tutto per chi crede che l’esempio sia davvero il migliore insegnamento». È con questa motivazione che il nostro ha ricevuto venerdì scorso a Grado la menzione d’onore nel 6° premio giornalistico Fidas (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue) intitolato alla memoria di , dirigente dell’ufficio Sangue e Trapianti del Ministero della Salute scomparsa nel 2009.

Dietro all’importante riconoscimento c’è uno splendido editoriale redatto dal nostro Francesco il 21 giugno dello scorso anno. Nel pezzo in questione Caielli ha sublimato la sua storia di donatore in un incontro speciale (e casuale) con chi dalla donazione di sangue ricava la forza per sconfiggere una malattia e per continuare a vivere.Chi decide di regalare una parte di se stesso agli altri non è un eroe: è semplicemente (e meravigliosamente) un essere umano che ha capito il senso della vita, magari per caso, magari grazie a un episodio che lo ha costretto a riflettere, a soffrire o a reagire con quell’istinto che una volta razionalizzato diventa amore. Caielli ce lo insegna con la vicenda personale di cui ha mirabilmente scritto.

Da sempre inorridito al solo pensiero di avere a che fare con aghi e siringhe, Francesco si trova a dover fronteggiare un’emergenza durante un suo soggiorno in Burundi, presso una missione cui aderisce come volontario. C’è stato un incidente stradale, ai feriti serve una trasfusione immediata (e in Africa, come facile immaginare, non c’è né l’organizzazione, né la disponibilità esistente nei Paesi occidentali). In un istante la decisione è presa: dà l’assenso al prelievo e dona per la prima volta il suo sangue.

Facendo contestualmente una promessa: «Continuerò a farlo anche in Italia».Impegno mantenuto. Un giorno, dopo l’ennesima donazione, a Francesco capita di avere capogiri e pressione bassa, venendo costretto dai sanitari del trasfusionale di Varese a rimanere sdraiato sul lettino e ad attendere – con l’ausilio di abbondanti dosi di succo di frutta – il ritorno delle forze. Prassi normale, che però al nostro Caio apre un mondo: quello di chi – il sangue dei donatori, il suo sangue – lo riceve. Nella stessa stanza entra una ragazza in attesa di trasfusione, lui arriva a conoscere lei, la sua storia e la sua malattia, come beneficio di un caso che ha voluto – per una volta – far incontrare due capi dello stesso filo, altrimenti anonimi. Arriva un “grazie”, capace di dare forza a chi già ne aveva da vendere. Un grazie detto a Francesco Caielli ma anche a tutti coloro che hanno scoperto – o scopriranno –quando sia speciale donare la vita che scorre nelle proprie vene.