L’Asst Sette Laghi reintegra 38 dipendenti sospesi perché non vaccinati. L’Ordine protesta

In una nota dell'organismo varesino delle professioni infermieristiche, oltre ad esprimere perplessità sulla decisione che trae origine dall'ordinanza del nuovo ministro della Salute, si denuncia che ciò non risolve il cronico problema della mancanza di personale

VARESE – A seguito dell’ordinanza del neo ministro della Salute Orazio Schillaci, l’Asst Sette Laghi ha già reintegrato 38 dipendenti a suo tempo sospesi perché non vaccinati. Si tratta di non lavoratori non medici.

Da parte sua l’Ordine varesino delle professioni infermieristiche ha commentato la decisione governativa in una nota, esprimendo le proprie perplessità in merito, oltre a ribadire la richiesta di intervenire urgentemente sul problema della carenza di personale sanitario (in Lombardia mancherebbero 9.400 professionisti).

In provincia di Varese sono 148 gli infermieri sospesi perché non si erano voluti piegare all’obbligo vaccinale. Al di là dello scarso gradimento espresso sul provvedimento, reinserirli, secondo l’Ordine professionale non risolverebbe il problema dell’organico complessivamente carente.

La nota diffusa dall’Ordine delle professioni infermieristiche di Varese

Come Ente sussidiario dello Stato, ci atteniamo scrupolosamente alla legge; come coordinamento Lombardo abbiamo comunque condiviso una posizione chiara rispetto alle nuove disposizioni legislative.

In Lombardia sono stati riammessi in servizio circa 1000 infermieri; complessivamente, negli Ordini lombardi sono iscritti all’albo circa 65.000 professionisti. In sostanza, la riammissione in servizio degli infermieri “non vaccinati” non ha alcun impatto significativo sul SSR lombardo, dove mancano circa 9.400 infermieri, 5.400 sul territorio, 4.000 negli organici ospedalieri. La questione infermieristica diventerà sempre più critica se non viene affrontata in una urgente azione di sistema e di programmazione.

In tutti gli ordini professionali, il comportamento degli infermieri che si sono opposti all’obbligo vaccinale, ha destato non pochi interrogativi e perplessità dal punto di vista sia scientifico sia deontologico. La sensazione di perplessità e di rammarico provata dalle migliaia di infermiere e infermieri che vaccinandosi, in scienza e coscienza, hanno tutelato la salute degli assistiti e combattuto la pandemia riducendo la diffusione del virus e limitandone la virulenza. Se oggi appare sostenibile un provvedimento di riammissione di sanitari non vaccinati, dal punto di vista epidemiologico lo si deve anche alla responsabilità e alla competenza delle migliaia di infermieri che hanno aderito all’obbligo vaccinale.

L’Ordine professionale non ha informazioni circa la reazione delle aziende; allo stato attuale Il Decreto-legge 162/2022, emanato lunedì 31 ottobre, ha efficacia dalla data di martedì 1° novembre, il tempo intercorso e la data di emanazione non hanno consentito interlocuzioni con le aziende sanitarie, peraltro non necessarie né richieste all’ordine. La sensazione di perplessità, è certamente vissuta anche all’interno delle organizzazioni e delle aziende che dovranno, in qualche modo, reinserire gli infermieri non vaccinati. Le azioni di protezione e di tutela della salute del cittadino, soprattutto portatore di patologie croniche e di fragilità, dovranno inevitabilmente prevalere su qualsiasi altra logica.