L’espulso di Brunello morto in Siria

Mistero sul decesso di Oussama Khachia, 31 anni: ignoti i dettagli su luogo e modalità della scomparsa. Era stata cacciato dall’Italia a gennaio per aver espresso posizioni favorevoli all’Isis sui social network

– Morto in Siria , saldatore di 31 anni residente a Brunello, espulso nel gennaio scorso per aver assunto posizioni favorevoli all’Isis sui social network. Un decesso che è avvolto dal mistero. La conferma della morte del ragazzo arriva proprio dalla famiglia, che tuttora risiede a Brunello. La sorella , si è limitata a questo, a una conferma, appunto, senza però fornire dettagli sul come e sul dove Oussama sia spirato. Fonti di polizia confermano a loro volta l’accaduto, il ministero degli Interni sta cercando ora di ricostruire gli ultimi spostamenti del trentunenne. Secondo indiscrezioni Oussama si trovava in una zona guerra entro i confini della Siria. Nulla invece trapela sulle modalità del decesso.

«Mio fratello ha subìto un ingiustizia con l’espulsione» ha detto Amina Khachia, restando ferma sulla posizione immediatamente assunta dalla famiglia e dal ragazzo stesso al momento dell’espulsione. Ora si tratta di capire cosa sia esattamente accaduto. La famiglia sarebbe stata avvisata della morte di Oussama da un conoscente che si trovava con lui al momento del fatto. Il padre del ragazzo ha poi comunicato ad alcuni amici della comunità musulmana varesina l’accaduto. In un anno Oussama potrebbe aver compiuto un percorso che da Brunello lo avrebbe portato sino in Siria.

Il trentunenne è stato espulso nel gennaio 2015 con decreto immediato firmato dal ministro dell’Interno . Il giovane operaio era infatti monitorato da settimane: attraverso i social network aveva assunto posizioni radicali e di favore nei confronti dell’Isis, considerate pericolose dagli inquirenti. L’attività di Oussama, se così possiamo chiamarla, pare non fosse mai andata oltre i commenti espressi in rete. E la sua espulsione aveva sollevato un vespaio. Secondo quanto ricostruito il giovane, per sua stessa ammissione attraverso dichiarazioni rilasciate ai media, si era sistemato a Casablanca. Da lì aveva dichiarato di «aver subìto un’ingiustizia» e che avrebbe «fatto ricorso contro lo Stato Italiano impugnando un provvedimento ingiusto» che lo aveva «danneggiato».

I mesi erano passati e di Oussama non si era più saputo nulla. Sino al 10 novembre scorso quando il trentunenne, che evidentemente si era spostato da Casablanca, era stato espulso anche dalla Svizzera per ragioni di sicurezza nazionale. Bandito dai confini della federazione elvetica per almeno dieci anni. Da quel momento del giovane marocchino si erano perse le tracce. Impossibile contattarlo, quanto meno per i non familiari e i non amici intimi, attraverso i canali social. Di Oussama si erano perse le tracce. Ora, dopo la sua morte, sembrerebbe che il giovane possa aver raggiunto i territori di guerra in Siria. Territori occupati dallo Stato Islamico. In attesa della conferma ufficiale sulla sua presenza in Siria e del chiarimento delle circostanze della sua morte (i familiari stessi hanno dichiarato di «non avere nemmeno una tomba dove piangerlo» e questo potrebbe far intendere che ci sono scarse possibilità, almeno per ora, di poter recuperare il corpo) resta da capire cosa l’abbia spinto ad avventurarsi in territori ad alto rischio. Sempre secondo indiscrezioni Oussama non aveva intenzioni di unirsi a qualche gruppo combattente. La sua presenza in Siria, piuttosto, potrebbe essere letta come un’affermazione ideologica di vicinanza allo Stato Islamico.