Lidia Macchi uccisa da Piccolomo? Parla il magistrato che lo accusa

Caso Lidia Macchi, interviene il sostituto procuratore generale Carmen Manfredda: «Colpita dalla personalità di questa ragazza».

È lei che ha riaperto il caso e che è pronta a mettere alla sbarra . Per il direttore di “Tempi”, , che l’ha intervistata in esclusiva, il quadro indiziario è «molto persuasivo».

Esce allo scoperto il settimanale “Tempi”, una delle voci più vicine al movimento “Comunione e Liberazione”, del quale faceva parte anche la giovane studentessa trovata morta nei boschi di Cittiglio nel gennaio di 27 anni fa, uccisa da 29 coltellate.

Dal direttore Amicone arriva un importante “endorsement” nei confronti del lavoro dell’esperto pubblico ministero , che lo scorso anno ha avocato alla Procura Generale di Milano le indagini sul delitto Macchi. «Ha troppa passione e cura per il proprio mestiere per fidarsi di ipotesi investigative che non siano dure come il granito. Fatti e riscontri fattuali – sostiene il giornalista di area Cl, che ha intervistato il magistrato sul caso – è un imprevisto che ha riaperto un caso che la Procura di Varese non aveva mai archiviato ma neppure risolto, l’incontro del procuratore Manfredda con le figlie di Piccolomo all’uscita del processo d’appello che aveva confermato l’ergastolo all’uomo. E ora, se l’esame del Dna non sembra più utilizzabile, tre indizi fanno ancora una prova. Nel caso di Lidia ci sono tutti e tre, e molti di più».

Nell’intervista, il sostituto procuratore Carmen Manfredda si limita a ricordare di avere «il massimo rispetto per la dialettica processuale. Perciò attendo le controdeduzioni dell’avvocato prima di depositare la mia richiesta di rinvio a giudizio». Ma ammette di essere rimasta «affascinata» dalla figura di Lidia Macchi.

«Non sapevo neanche chi fosse, quando queste due donne mi hanno raccontato questa storia – rivela la pg ad Amicone – poi per mesi e mesi mi sono immersa in questa vicenda. Ora, al di là delle risultanze processuali, trovo che la personalità di questa ragazza sia di una ricchezza straordinaria. Mi ha colpito la sua libertà, la sua autonomia di pensiero, direi la sua laicità. Un pensiero di una acutezza superiore. Lidia era una ragazza veramente libera. Libera mentalmente. Completamente estranea ad ogni schema».

Dalle parole del sostituto procuratore Carmen Manfredda si scopre anche che «le lettere di Lidia Macchi sono agli atti» delle indagini. Quella in cui la studentessa varesina, pochi mesi prima di trovare la morte, rivela ad un’amica di «una cosa straordinaria e un po’ confusa ma veramente grande» che le sta capitando, quando si avvicinò al movimento di don Giussani.

C’è anche un’altra lettera inedita a don Fabio, allora guida spirituale di Cl, che “Tempi” pubblica in esclusiva. «Anch’io adesso sono posta di nuovo radicalmente di fronte al mio limite, poiché la gioia che provo per questa vita e che comunico a quelli che mi stanno intorno non ha le sue radici in un carattere particolarmente ottimista, come tutti si ostinano a credere – scriveva Lidia Macchi – l’ho invece imparato grazie a delle persone precise che ho incontrato e perché se il Signore non mi avesse scelto per sé veramente la mia consistenza sarebbe pari a quella di un nulla».

© riproduzione riservata