«Mi dispiace che è morto Ma ora non ho più paura»

«Sono dispiaciuta per la perdita di mio marito, ma allo stesso tempo per la prima volta non ho più paura che qualcuno mi faccia del male. Ho avuto paura di morire. Ho subito violenze fisiche e psicologiche. Sono stata minacciata anche di morte».

Dal carcere di Bancali a Sassari, dove si trova reclusa da qualche settimana, di 44 anni di Arsago, dove si era recentemente trasferita dopo aver vissuto dieci anni a Vergiate, la donna accusata di aver ucciso il marito di 52 anni, ha ribadito il quadro familiare di presunta estrema difficoltà nel quale viveva.

Lo ha ribadito nelle ultime ore anche all’avvocato del Foro di Verbania, il legale che si sta occupando della vicenda, subentrato all’avvocato d’ufficio di Sassari.

Il professionista di Verbania l’ha già incontrata in carcere nell’ultimo fine settimana, subito dopo aver assunto l’incarico e nelle prossime ore tornerà in Sardegna per nuovo colloquio con la propria assistita. Ma intanto quel che emerge, almeno secondo la versione della moglie, non è molto diverso dal racconto fornito nelle ore immediatamente successive al delitto. Anzi, se possibile, il quadro dipinto dalla Gasperini è ancora più pesante, tanto da aver parlato espressamente di minacce di morte ricevute durante la vita di coppia. Al momento la donna, presunta omicida, non ha confessato alcun crimine tanto da essersi avvalsa fin dal primo interrogatorio della facoltà di non rispondere.

Ipotesi Riesame

«È ancora molto scossa – racconta l’avvocato Longo Dorni – stiamo ancora ragionando su come muoverci. La signora ha descritto un ambiente familiare fatto di violenze fisiche e psicologiche, elementi peraltro già emersi dalle indagini condotte dall’autorità giudiziaria».

La difesa va a caccia di attenuanti, di elementi che rendano il delitto meno pesante in sede processuale, nel caso in cui dovesse essere ritenuta responsabile dei fatti. In Sardegna gli investigatori non hanno scartato neppure l’ipotesi dello sfruttamento: «Rispetto a questo aspetto – dice l’avvocato – non ci sono per il momento elementi che confermino tale ipotesi».

Ma in Sardegna, e parallelamente nel Varesotto, le indagini stanno proseguendo: gli investigatori stanno cercando elementi utili per ricostruire le dinamiche di coppia tra le mura domestiche.

«Stiamo valutando – spiega l’avvocato – che tipo di percorso intraprendere. Stiamo ragionando sull’opportunità di rivolgerci al Tribunale del Riesame per chiedere misure alternative al carcere. Ma su questo aspetto stiamo ancora riflettendo».

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