Milano, operaio cade e resta paralizzato: il capo lo scarica davanti al pronto soccorso, condannato a due anni

Due anni al responsabile della azienda edile, ancora al vaglio della procura la posizione del responsabile della sicurezza (Foto d'archivio)

MILANO – E’ di oggi la sententa che ha comminato due anni, a seguito di patteggiamento, a uno dei due responsabili di una impresa edile di Milaano per un gravissimo infortunio occorso a un operaio sul lavoro, a causa del quale l’operaio stesso ha perso l’uso degli arti, rimandendo paraplegico. 

L’azienda edile stava effettuando lavori di manutenzione straordinaria in un edificio, e l’uomo vittima di incidente sul lavoro era “in nero”. Aggravante è la mansione, rimozione del manto di copertura di un tetto di amianto e relativa sostituzione con lastre di alluminio, che sono procedure molto rischiose per la salute del lavoratore, che era pertanto doppiamente esposto a rischio.

L’uomo, un operaio trentenne, dunque “era salito su una copertura attraversata da lucernari fissi in plexiglass che non sarebbero stati calpestabili” perché danneggiati, precipitando giù da un tetto senza le protezioni di sicurezza, che sono obbligatorie per lavorare a quelle altezze, “in quota” come si dice. 

La ricostruzione dell’accaduto

Mentre l’operaio era intento a spostare del materiale di lavoro non si è accorto dell’assenza di copertura su uno dei vani, precipitando così per oltre sei metri riportando lesioni midollari che gli hanno causato una paralisi degli arti inferiori. L’operaio al momento della caduta non aveva né un regolare contratto, ma neanche alcun dispositivo di protezione per poter lavorare a tale altezza nonostante – come si legge nella relazione sui rilievi effettuati dopo l’incidente – fosse chiaro a tutti che “la copertura presentava rischi di caduta per la presenza di elementi non pedonabili, cioè lucernari in plexiglass danneggiati“.

Depositato dal titolare dell’azienda davanti le porte del Pronto Soccorso di un ospedale di Magenta

Omissione di soccorso, dunque, per il titolare dell’azienda che pur vedendo il giovane a terra, inerme, non ha chiamato l’ambulanza, ma che lo ha trasportato con la sua automobile, ponendolo nel sedile posteriore del suo mezzo, per poi scaricarlo davanti al Pronto Soccorso di un ospedale di Magenta, senza fermasi a spiegare l’accaduto e facendo inoltre disperdere le proprie tracce. Del resto, l’uomo non appena l’operaio è caduto a terra, volando per oltre sei metri di altezza, è responsabile anche del mancato soccorso “in loco”, per mancanza di presidi medici minimi, anche questi obbligatori in ogni cantiere.

Si potrebbe configurare pure il dolo, stando alla relazione depositata in procura, di fatto “era chiaro che il plexiglass danneggiato non sarebbe stato in grado di sorreggere il peso di una persona”. Inoltre è emerso dai sopralluoghi che il coordinatore della sicurezza non aveva mai stilato e neppure controllato l’esistenza o meno di un apposito piano per la sicurezza, ormai obbligatorio per tutte le aziende, come anche per i lavoratori. La sua posizione è ancora a oggi al vaglio della procura.