Mio nonno, la russia e quella domanda

L’editoriale del nostro Bruno Melazzini

Nikolajewka. Poche volte un significato così profondo e immediato si nasconde dietro una sola parola. Nikolajewka vuol dire tante cose, tutte insieme. Sui libri di storia è una delle battaglie più dure della ritirata di Russia: la morte vibrò la sua falce il 26 gennaio del 1943, 73 anni fa. Per le nostre penne nere oggi Nikolajewka è soprattutto il simbolo di un sacrificio silenzioso e puro come la neve, rosso come il sangue, verde come la speranza cieca e disperatissima di rivedere la casa lontana.

Per me è più semplice: perché per me Nikolajewka vuol dire mio nonno. Lo ricordo ancora con la sua barba bianca, la pipa in mano e quel suo portamento austero e dolce allo stesso tempo. Non era storia da leggere sui libri di scuola: lui, capitano degli alpini, la ritirata di Russia l’aveva fatta davvero. Battaglione Tirano, brigata Tridentina. E il suo cappello grigioverde con quella piuma che da bambino mi incuriosiva come se fosse un giocattolo ma che giocattolo non era. Mio nonno, i nostri nonni, hanno dovuto scrivere le pagine più brutte della storia del Novecento. E lo hanno fatto in silenzio. Senza un lamento. Nel 1943, come anni più tardi.

Lui che, al gelo di una tenda affondata nel ghiaccio sulle sponde del Don, quella notte poco prima della ritirata aveva ricevuto l’informativa del comando: “Domani, ore cinque. Si va all’attacco”. Non aveva detto una parola e si era voltato cercando di prendere sonno: “Domani a quest’ora ci sarò ancora? – si era chiesto – Comunque vada, non dipende da me”. E trovò la forza di dormire, di resistere, di tornare a casa dopo centinaia di chilometri tra gelo, proiettili e morte.

Sopravvisse, e io con lui. Ma quelle sue parole mi suonano spesso dentro come una carica di cavalleria. Cosa avrei fatto io al suo posto? Cosa avremmo fatto noi, al posto dei nostri nonni e dei nostri padri, sospesi sul filo tra la vita e l’annientamento? Non lo sapremo mai. Di certo sappiamo che loro restano un esempio. Un esempio quando ci lamentiamo del traffico, del tempo, delle tasse. Quando borbottiamo perché il telefono non prende o perché la pasta non è cotta a puntino. Quando scriviamo pagine infinitamente più povere della nostra storia. Sarò mai come lui? La riposta credo di saperla. Si chiamava Bruno, come me. Ma assomigliargli davvero per me sarà un’impresa impossibile.