Mr Yamamay: «Caro Renzi Ci servono misure choc»

«Caro Renzi, dacci la possibilità di assumere i giovani. Bastano due o tre misure-choc».

È l’appello di Gianluigi Cimmino, amministratore delegato di Inticom, l’azienda di Gallarate che detiene i brand Yamamay e Carpisa, alla luce dei dati sempre più drammatici sulle assunzioni in provincia di Varese, che anche per il 2014 saranno di gran lunga inferiori rispetto alle uscite dal mondo del lavoro.

Così, dopo aver visto in tivù la conferenza stampa dei “mille giorni” del premier Matteo Renzi, Cimmino si sfoga.

«Migliaia di piccoli provvedimenti incomprensibili non faranno mai ripartire l’economia. Servono pochi provvedimenti-choc e decisioni forti per salvare il Paese dal baratro».

Nelle considerazioni dell’imprenditore, 41 anni, emerge quella «frustrazione» di cui ha parlato ieri Giovanni Brugnoli, presidente dell’Unione Industriali di Varese e anch’egli esponente della seconda generazione al comando delle maggiori aziende del nostro territorio.

«Il lavoro è la vera emergenza da affrontare – afferma Gianluigi Cimmino – purtroppo c’è il problema di chi non riesce ad assumere per colpa della crisi, ma c’è che anche il problema di chi potrebbe assumere ma preferisce non farlo perché manca lo slancio Paese per dare certezze e fiducia a chi intende investire».

Il patron di Yamamay una sua ricetta per la ripresa ce l’avrebbe, «è perfino banale», ed è pronto ad offrirla al premier Renzi. Sono tre proposte “choc” per far ripartire l’occupazione: totale sgravio contributivo per tutte le assunzioni fatte entro il 2015, abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e immediata deducibilità di tutti gli investimenti produttivi.

«Sono proposte ampiamente condivisibili, che non porterebbero ad un aggravio di spesa pubblica e di deficit, né alla necessità di un assenso dell’Europa, ma che nessuno si prende la briga di mettere in atto – sottolinea l’imprenditore napoletano trapiantato a Gallarate – in questa fase è giusto trovare le risorse per gli ammortizzatori sociali per chi ha perso il lavoro, ma è ancora più urgente creare le opportunità per le aziende ancora sane di rimettere in moto gli investimenti».

Cimmino è convinto che la voglia di scommettere non mancherebbe, se ci fossero le condizioni per farlo: «La nostra area è ricca di risorse, anche personali. C’è bisogno di un segnale per dare slancio e incentivare ad investire, a rimettere i soldi in azienda». Gli incentivi alle assunzioni potrebbero invertire il trend “nero” sull’occupazione: «Se assumere un dipendente mi costasse la metà di quanto mi costa oggi, non ci penserei due volte a cogliere l’occasione di mettere due teste in più nei miei negozi, mentre oggi prima di assumere una sola persona si rifanno i conti più e più volte» ammette l’imprenditore.

«Lo stesso vale per gli investimenti: se fossi incentivato fiscalmente a reinvestire gli utili nelle attività produttive, ad esempio con la deducibilità totale, perché non provarci?».

Cimmino mette nel mazzo anche l’abolizione dell’articolo 18: «Non è una condizione indispensabile per assumere, ma serve per dare più spazio alla meritocrazia. Capisco che questa misura è più complicata delle altre, ma credo che nel clima sociale che viviamo oggi non sia più un argomento tabù».

Del resto la situazione è di emergenza: «Se il Paese fosse una grande azienda, e fosse guidato da un supermanager, interverrebbe con delle misure choc per salvarla dal baratro – sostiene l’ad di Inticom – anche gli 80 euro, potevano essere un inizio, poi lo slancio si è fermato. Comprendo le difficoltà del premier che ha a che fare con la burocrazia e con gli apparati ministeriali, ma se non agisce di forza ora, forte del consenso che ha ottenuto, quando potrà farlo?».

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