Nel 1994 indagato il padre: «È stato lui a dirmi di divertirmi ad uccidere»

L’ordinanza - Brahim, i figli e la sua devozione maniacale

«Giuro me lo diceva mio padre, devi scegliere la tua strada (di Dio), lui l’aveva già scelta… mel1o male che ci siamo svegliati, lui diceva che è uscito dal buio e ha trovato la luce, noi eravamo sulla brutta strada, eravamo presi, meno male che Dio ci ha svegliati e ci ha messo in questi tempi, tempi di divertimento ad uccidere». Lo dice introducendo la figura del padre , che al momento non si trova in Italia e che da sempre compie la spola tra Varese e il Marocco.

Un uomo, il padre del giovane arrestato ieri nella retata antiterrorismo e di Oussama Kahcia, espulso nel gennaio 2015 e morto in Siria come foreign fighter, “chiacchierato” sin dal 1994, quando fu allontanato dal Centro Studi Islamici di Varese per le sue idee estremiste e finito sotto inchiesta per questo. Inchiesta che però non arrivò mai a un rinvio a giudizio.
Di quest’uomo, che non è destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto

del figlio ma il cui nome in quelle pagine compare spesso, il figlio Abderrahmane intercettato dice che anche lui condivide le idee dello sceicco, ovvero coronare il sogno, come Oussama, di dare la vita in nome di Allah combattendo al fianco degli uomini e delle donne del Califfato, nonché a compiere gesta simili a quelle portate a Parigi dai “leoni ”.
Per Brahim Kahcia, secondo il figlio, queste sono «aspettative». Una figura, quella del padre dei due ragazzi che secondo gli inquirenti avrebbero sposato la causa del Daesh, sempre silenziosa. Lo è stato quando il figlio Oussama è stato espulso, mostrando per un attimo il callo appena accennato ma visibile sulla fronte frutto di ore e ore, quotidiane, di preghiera in ginocchio con la fronte appoggiata a terra.

Un devoto, hanno detto in molti. Ma il figlio Abderrahmane lo tradisce nelle intercettazioni quando spiega all’amico e compagno di ideologia (a sua volta destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare) di non preoccuparsi per la “raccomandazione” necessaria per andare in Siria e unirsi al Califfato poiché «grazie alle amicizie sue e di suo padre attraverso gli Imam di Varese – si legge nell’ordinanza – loro sarebbero comunque in grado di raggiungere la Siria senza alcun problema».In realtà Kahcia non riuscirà assolutamente ad ottenere la “raccomandazione” a raggiungere la Siria ed è soprattutto bene precisare che non ci sono altri musulmani varesini coinvolti nella vicenda. Ultimo dettaglio: Brahim Kahcia regalò a , amico dei due figli e finito anch’egli in manette ieri, una veste che apparteneva al “martire” Oussama.