Oggi è venerdì 17: perché porterebbe sfortuna? Ecco la storia del “giorno nero”

"Non è vero ma ci credo", diceva Peppino de Filippo: la superstizione si diffonde nella cultura popolare come un meme nei social ma forse è solo una risposta psicologica al nostro bisogno di controllare la realtà.

Anche se venerdì 17 (o 13, dipende da dove siete nati) ha una brutta reputazione perché considerato un giorno sfortunato, non esistono prove scientifiche che indichino che gli eventi negativi si verifichino con maggior frequenza in questa data. Ma la scienza può, forse, aiutare a capire perché molte persone credono ancora che certe date portino sfortuna e perché, quindi, tendono a modificare i loro comportamenti in quei giorni.

L’eptacaidecafobia

Quanti, ancora oggi, si fanno problemi quando si tratta di passare sotto una scala? Oppure quando un gatto nero ci attraversa la strada? O, ancora, quando si deve partire di martedì o, peggio ancora, di venerdì 17? In questo caso si parla di eptacaidecafobia, letteralmente «paura del numero 17» e, per quanto possa sembrare strano, nel mondo occidentale la sperimentano molte più persone di quanto non si creda.

Cultura che vai, numero che trovi

Ma questo non vuol dire che in oriente non accada lo stesso, magari con numeri diversi e diverse situazioni considerate «a rischio sfiga». In Giappone, ad esempio, il 9 è considerato sfortunato probabilmente perché il termine che lo identifica ha un suono simile alla parola che indica «sofferenza». In Cina, invece, il 4 suona come «morte» mentre nella cultura occidentale conosciamo bene l’avversione per il 13 e il 17, per non parlare poi del 666, considerato fortunato in Cina ma associato a Satana dai cristiani. 

Perché il 17

Questa condivisione globale dei timori nei confronti di certi numeri suggerisce, quindi, la necessità di studiare la questione in maniera razionale e articolata, affrontandola da più punti di vista come quello storico, culturale, sociologico e psicologico. Alla radice di queste credenze c’è spesso un motivo legato alla cultura del Paese e del popolo che la condivide. Per esempio, perché in Italia il 17 è considerato un numero sfortunato e se abbinato al venerdì lo trasforma nel peggior giorno possibile,

simbolo di cattiva sorte? Per alcuni il motivo sta nel fatto che il 17, in numeri romani, si scriva XVII che anagrammato diventa VIXI, cioè ho «vissuto», «la mia vita è finita» e dunque sarebbe un presagio di morte. Per altri l’origine sarebbe invece biblica perché nell’Antico Testamento si racconta che il Diluvio Universale cominciò il 17 del secondo mese. Il venerdì, poi, sarebbe considerato sfortunato a causa della morte di Gesù, avvenuta proprio il Venerdì Santo. In questo modo il giorno peggiore per una persona superstiziosa, sarebbe sicuramente venerdì 17 novembre, mese dei defunti. Ma anche il 13 non scherza, con la fama negativa che ha negli Stati Uniti, in Finlandia o nel Regno Unito. 

La spiegazione «psicologica»

Secondo Joe Nickell, noto investigatore del paranormale ed esponente dello scetticismo scientifico che in passato ha contribuito a smascherare famose truffe come il presunto diario di Jack lo squartatore, l’origine della cattiva reputazione del 13 potrebbe essere la sua contrapposizione a quella che egli definisce come la «completezza fortunata» del 12, il numero dei mesi dell’anno, degli dei nell’Olimpo, dei segni zodiacali e degli apostoli di Gesù. In questo modo il 13 rappresenterebbe quell’uno in più che rovinerebbe la perfezione e bontà del 12. Insomma l’ospite in più non desiderato. E infatti, nella mitologia norrena, il dio Loki arriva come tredicesimo ospite alla festa degli dei nel Valhalla dove poi uccide il dio Baldur, per non parlare del cristianesimo, dove Giuda, l’apostolo che tradisce Gesù, è il 13° ospite dell’ultima cena. 

Fobie e processi culturali

Ma la verità, secondo Nickell, è che i processi socioculturali possono associare la sfortuna a qualsiasi numero quando le condizioni siano favorevoli. Può bastare una diceria, un racconto ripetuto o un pettegolezzo a generare la propria stessa realtà sociale di una superstizione che, come una palla di neve, si ingigantisce nel tempo, diventando una leggenda urbana. Questi fenomeni possono essere innescati da molti tipi di fobie specifiche che le persone avvertono per una serie di motivi psicologici. Possono, ad esempio, derivare da esperienze negative dirette (come temere le api dopo essere state punti) ma ci sono anche altri fattori di rischio psicologico che inducono a sviluppare una fobia, come l’essere molto giovani e suggestionabili, avere parenti che a loro volta soffrono di fobie o essere a contatto con altre persone con fobie.

Un numero «incompleto»

Nella letteratura scientifica psicologica una parte della cattiva reputazione del numero 13 o 17, è collegata a un particolare aspetto cognitivo definito come «sensazione di anomalia» o di non «familiarità» (in inglese Felt Sense of Anomaly, identificato come comune a molte esperienze dissociative). Nella vita di tutti i giorni infatti 13 è meno comune del 12 (per esempio non c’è un 13° mese) e questo genera un senso di inconoscibilità che di per sé non causerà una fobia, ma la ricerca psicologica mostra che comunque preferiamo ciò che ci è familiare, mentre non ci piace ciò che non lo è. Questo rende più facile associare il 13 ad attributi negativi. 

I nostri bias cognitivi

Insomma è un limite del nostro modo di pensare che ci rende preferibili certi schemi e quantità perché ce li fa ritenere, in qualche modo, più completi, più giusti. In altri termini, anche nel caso dell’attribuzione di «poteri negativi» a certi numeri, si tratterebbe di processi simili a certi bias cognitivi come quelli associati, per esempio, agli inesistenti effetti della Luna piena. Sebbene la credenza che la Luna piena possa influenzare negativamente la salute mentale, far aumentare i tassi di criminalità, gli incidenti e altre calamità umane sia stata completamente sfatata, molte persone tendono comunque a vedere la conferma delle loro convinzioni, attraverso un meccanismo causale (in realtà inesistente) tra fattori non correlati. È il caso, ad esempio, di un incidente d’auto che si verifica durante la Luna piena o di venerdì 17, che finisce per diventare un evento memorabile e significativo, a scapito di episodi simili avvenuti in altri momenti o in altre date che vengono invece cancellati. 

Come si diffonde una diceria

Il risultato è che una volta cristallizzate, tali credenze diventano molto difficili da scardinare. Quando poi a questo meccanismo psicologico si aggiungono i potenti effetti delle influenze sociali, la nascita di una qualsiasi superstizione in un gruppo sociale è pressoché garantita. Così troviamo la paura del venerdì 17, quella di camminare sotto una scala o di rompere uno specchio o di non sposarsi di martedì e venerdì.

Come un meme (più o meno)

A pensarci bene il meccanismo è molto simile a quello della rapida diffusione e del successo di un meme nei social media. A tal proposito è sicuramente interessante ricordare come nasce questo termine che fu introdotto nel 1976 per la prima volta dal biologo Richard Dawkins nel suo libro ll gene egoista, per spiegare come un’entità di informazione (o un’innovazione, una moda o una qualsiasi altra idea) possa replicarsi e diffondersi in una popolazione. In altre parole, per come è definito, un meme è simile a un pezzo di codice genetico che si riproduce man mano che viene comunicato tra le persone, con la possibilità di mutare in versioni alternative di se stesso. Con questa interpretazione il significato negativo del venerdì 17 è come un meme, una semplice informazione associata alla sfortuna che rimbalza da una persona a un’altra, diffondendosi in tutta la cultura di una società che condivide certi valori e certe conoscenze. 

L’illusione del controllo

Una volta acquisito, questo pezzo di «codice genetico sociale» o, se vogliamo, di pseudo-conoscenza, finisce per dare alle persone un certo ma illusorio senso di controllo sui possibili mali ad esso associati. Un concetto, quello dell’illusione del controllo, ben noto in psicologia e che consiste nel sopravvalutare l’influenza che il nostro comportamento può esercitare su risultati in realtà incontrollabili.

Il potere del 13

È per questo meccanismo che anche alcune aziende o soggetti coinvolti con le pubbliche relazioni a volte sembrano propensi ad assecondare queste superstizioni popolari. Così, in Belgio le lamentele di alcuni passeggeri superstiziosi hanno indotto la compagnia aerea Brussels Airlines a cambiare il proprio logo nel 2006, aggiungendo un 14° punto all’immagine simile a una “B” composta da 13 punti. Per lo stesso motivo altre compagnie aeree hanno deciso di saltare il 13 nella numerazione delle file dei posti sui propri aerei. Finanche la Nasa smise di numerare in sequenza le missioni Shuttle, doppiando il 13° volo della navetta, indicato con la sigla STS-41-G, alcuni ipotizzano a causa della drammatica e quasi mortale missione Apollo 13 e per la fobia del numero 13 dell’allora amministratore della Nasa James Beggs.
Insomma, a dirla con Peppino de Filippo, «non è vero ma ci credo»!