«Partita segnata? No, è da giocare. Varese mi piaci. Oggi provaci»

Alle 20.45 la Openjobmetis sfida Milano: ne abbiamo parlato con il mito Meneghin

Aria di derby, aria di casa. Quando c’è Milano-Varese, è sempre una domenica speciale. L’atmosfera del Forum non è quella di Masnago, in mezzo ci passa un abisso, però è pur sempre un derby, con le emozioni che si porta dietro, con dubbi ed interrogativi a cui solo il parquet può dare risposta.

Questa sera, ore 20.45, al Forum di Assago va in scena Milano-Varese e chi meglio di Dino Meneghin può introdurci a una sfida che da giocatore ha vissuto in prima persona in tantissime occasioni.

E, con la grandissima esperienza che lo contraddistingue, Dino si ribella di fronte all’espressione “pronostico chiuso”: «Per esperienza dico che le partite non sono mai scontate in partenza, vanno giocate perché tutto può succedere. Chiaramente Milano è una squadra forte e quadrata, la più profonda del campionato, mentre Varese è ancora un cantiere, perché ha cambiato parecchio e per questo ha

bisogno di tempo per assorbire tutte le novità in questo inizio di stagione. Oltretutto Milano è in forma, non ancora al top però, avendo giocato in settimana anche in Eurolega. Però nelle prime due di campionato un po’ ha sofferto, quindi in definitiva no, non direi che è una sfida a pronostico chiuso perché Varese può dire la sua, assolutamente».

Anche perché le prime impressioni di “Dino-Mito” sulla nuova Varese di Moretti sono più che positive: «Per quanto mi riguarda per ora i biancorossi sono una sorpresa positiva. Pensavo che soffrissero un po’ di più in questa fase di avvio della stagione. Parallelamente, non mi immaginavo che giocassero così bene fin dall’inizio».

Tra gli ingredienti per una bella serata di basket, ci sono i ricordi. Perché Dino di derby ne ha giocati parecchi: noi gli chiediamo se ne ha qualcuno a cui è legato in maniera particolare.

Ce ne sono, eccome: «La mia memoria va soprattutto agli spareggi, due giocati a Roma e quello giocato a Bologna. Quelle partite erano la sintesi dell’equilibrio di quel periodo tra Milano e Varese. Ricordo benissimo il primo spareggio, a Roma, con il palazzo dell’Eur che era perfettamente diviso in due: da una parte era tutto colorato di gialloblu, nel settore dei tifosi di Varese, mentre dall’altra era tutto di Milano. Una cornice di pubblico fantastica, un sunto della rivalità e allo stesso tempo della forza delle due squadre». E ora, a distanza di anni, la rivalità è ancora così accesa? «La differenza di valori in campo ora è più ampia, però la rivalità ed il campanilismo per fortuna rimangono ancora. Quelle tra Cantù, Varese e Milano restano le sfide più accese, le più sentite». Siamo ancora all’inizio, ma questa Varese fin dove può arrivare? «Penso che l’obiettivo principale sia quello dei playoff, nonostante il campionato sia appena iniziato. La speranza minima è quella, anche se poi come tutti sappiamo i playoff sono una bestia strana, un terno al lotto. Credo comunque quella di Varese sia una crescita costante dentro e fuori dal campo, quindi non casca il mondo se ai playoff non ci si arriva».