Roma, 21 apr. (Apcom) – Centinaia di prostitute-schiave nigeriane dall’Olanda all’Italia, vittime di un vasto traffico di esseri umani che aveva la propria sede operativa a Castelvolturno, in Campania. Un network molto solido, in grado di autoalimentarsi grazie ai proventi della cocaina e dell’eroina proveniente dai mercati colombiani e turchi. Un congegno quasi perfetto, scoperto e disarticolato dopo due anni di indagini dalla procura distrettuale antimafia di Napoli. Ieri i carabinieri del Ros e del comando provinciale di Viterbo hanno individuato e arrestato il
braccio casertano di questa organizzazione. Su disposizione del Gip di Napoli sono stati eseguiti 62 ordini di arresto per associazione finalizzata alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione e traffico internazionale di stupefacenti. Un altro provvedimento analogo era stato eseguito a gennaio 2008 in Italia e all’estero a carico di altre 75 persone, mentre altre 29 erano state raggiunte da mandato d’arresto nei Paesi Bassi, Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Belgio e Nigeria, in una operazione collegata.
Le vittime del traffico venivano ‘reclutate’ in Nigeria, dove
sottoscrivevano un patto di sangue alla presenza di un santone
(pastor). Durante la cerimonia, che prevedeva anche la parziale
mutilazione degli organi genitali, alle donne veniva imposto di
riscattare il debito contratto e di ubbidire alla propria
‘madame’, pena la morte o gravi ritorsioni nei confronti dei
familiari nel Paese d’origine. Le donne, provenienti soprattutto
da Lagos o Benin City, contraevano con l’organizzazione un debito
di circa 60mila euro, venivano poi trasferite in Ghana, Sierra
Leone e Togo da dove, dopo anche un anno, venivano introdotte in
Europa, sfruttando la legislazione olandese particolarmente
all’avanguardia nel settore dell’assistenza alle vittime della
tratta. Giunte ad Amsterdam, presso l’aeroporto di Schiphol,
ottenevano asilo politico dichiarando di essere vittime della
tratta di persone. Una volta assistite nei centri di accoglienza
per stranieri, infatti, le donne entravano in contatto con i
referenti locali del network che le munivano di false identità,
organizzando il successivo trasferimento in Italia, Francia e
Spagna dove venivano fatte prostituire. La maggior parte di loro
tentava di sfuggire a una situazione di grave precarietà
economica, sperando di trovare all’estero migliori condizioni di
vita.
Le indagini, condotte in team con la polizia olandese, hanno documentato lo sfruttamento sessuale in Italia e negli altri Paesi europei di destinazione. Il controllo delle vittime era affidato alle cosiddette ‘madames’. A loro il compito, molto spesso, di ordinare l’acquisto di altre giovani donne in Nigeria per conto dell’organizzazione, anticipando le spese di viaggio per circa 10mila euro. Sempre le madames, sorvegliavano le ragazze e le avviavano alla prostituzione, ricorrendo a metodi di coercizione psicologica e morale, tra cui la
sottrazione dei documenti d’identificazione personale, la segregazione in case gestite dal gruppo e il ricorso a riti magico-esoterici di natura voodoo. Le giovani erano costrette a pagare per l’utilizzo dell’area sulla quale prostituirsi. Nel corso delle indagini, è stato anche documentato il tentativo compiuto dall’organizzazione di prelevare due bambini da un orfanotrofio nigeriano per affidarli ad una madame in Italia, a Dolo, in provincia di Padova. In un caso è stato accertata una procedura illegale di adozione, con falsi documenti.
La gestione del traffico di droga era affidata a gruppi di
connazionali attivi in particolare a Torino, Brescia, Padova,
Verona, Roma e Napoli. I proventi della tratta delle donne e
dello sfruttamento sessuale tornavano in Nigeria, attraverso
corrieri o canali di money transfer, sia per finanziare la stessa
filiera, sia per il reinvestimento in altre attività tra cui,
soprattutto, il traffico di stupefacenti, spesso gestito dalle
stesse organizzazioni che utilizzavano come corrieri le vittime
dello sfruttamento sessuale. Nel corso delle indagini sono stati
arrestati in flagranza 49 corrieri, con il sequestro totale di 60
chili di eroina e 118 chili di cocaina. Complessivamente, i
provvedimenti hanno interessato Campania, Lazio, Piemonte, Emilia
Romagna, Umbria e Lombardia; all’estero: Nigeria, Turchia,
Bulgaria, Olanda e Colombia. Accertati, in quest’ultimo paese, i
collegamenti tra network nigeriani e narcos colombiani. Quindici
fornitori, tra colombiani e nigeriani, sono già stati arrestati.
E anche il promotore dell’organizzazione sarà raggiunto dal
mandato di arresto italiano. Le indagini, ha detto il comandante
del Ros, generale Giampaolo Ganzer, sono ancora in corso.
Gli inquirenti parlano di “alto livello organizzativo e di
pericolosità” del network. La componente casertana indagata è
risultata in contatto con numerose altre cellule di connazionali
attive in Turchia, Olanda, Bulgaria, Spagna, Colombia e Perù.
Verso la Turchia, in particolare, è stato monitorato un ingente
flusso di denaro: attraverso agenzie della Western Union, alcuni
indagati pagavano l’eroina con il sistema dei cosiddetti corrieri
a pioggia. Il gruppo per eludere i controllli utilizzava
cittadini comunitari, spesso di nazionalità bulgara, frazionando
le importazioni di droga e utilizzando itinerari sempre diversi.
La Turchia era la piattaforma di smistamento dell’eroina
destinata in Europa. I magistrati hanno evidenziato un nuovo
canale di approvvigionamento dall’Adzerbajan.
Dopo gli arresti del gennaio 2008, il modus operandi emerso è
identico: coercizione psicologica sia delle vittime della tratta
sia dei corrieri nigeriani, segregazione in alloggi e ricorso a
riti voodoo per assoggettare le donne. Ciascun gruppo individuato
dai carabinieri è risultato caratterizzato dalla comune
provenienza etnico-tribale e da “un’elevata compattezza interna”,
spesso alla base delle forti conflittualità registrate con gruppi
rivali appartenenti alle organizzazioni criminali storicamente
radicate nelle province di Napoli e Caserta.
“Si tratta – ha detto il procuratore nazionale antimafia, Piero
Grasso – di una operazione che evidenzia la grande pericolosità
della criminalità nigeriana che ha dimensioni transnazionali e
arriva ad avere collegamenti con i canali di produzione della
droga e che ha luoghi per lo stoccaggio in Nigeria”.
Cep
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