Samarate, per la strage familiare la difesa insiste sull’incapacità del pluriomicida

Il 14 febbraio prossimo si apre il processo di secondo grado. I legali di Maja hanno impugnato la sentenza di primo grado che ha condannato l'uomo all'ergastolo. Chiesta una nuova perizia psichiatrica (Foto d'archivio)

SAMARATE – Puntano all’incapacità di intendere e volere anche nel ricorso in appello, i legali di Alessandro Maja, che la notte fra il 3 e il 4 maggio 2022 ha massacrato la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia nella villetta di famiglia a Samarate, nel Varesotto, riducendo in fin di vita il primogenito Nicolò, unico sopravvissuto alla strage. Gli avvocati Gino Colombo e Laura Pozzoli, hanno impugnato la condanna all’ergastolo, chiedendo alla Corte d’Assise d’Appello di Milano di riformare la sentenza o disporre una nuova perizia psichiatrica.

Secondo la difesa nella perizia eseguita dallo psichiatra Marco Lagazzi incaricato dalla Corte d’Assise di Busto Arsizio, che ha ritenuto l’uomo capace di intendere e di volere, non sarebbero stati tenuti correttamente in considerazione elementi come i due tentativi di suicidio e i gesti di autolesionismo compiuti dall’uomo dopo la strage, oltre alle testimonianze di conoscenti sulle sue condizioni psicologiche deliranti ed ossessive, per i problemi di lavoro che non riusciva ad affrontare proprio per lo stato ossessivo in cui si sarebbe trovato. La prima udienza del processo di secondo grado che si tiene innanzi alla Corte d’appello di Milano, è fissata per il 14 febbraio.