Saronno, buco da 84 milioni di euro In manette l’ex assessore Di Luccio

SARONNO Rispondono di bancarotta fraudolenta e di falso in bilancio l’ex potente democristiano Nicola Di Luccio, 71 anni, già assessore a Saronno, già arrestato durante Mani Pulite, e Cristina Gussoni, nata a Busto Arsizio ma residente a Lugano, 40 anni, compagna di Di Luccio nella vita e negli affari. I due sono stati arrestati nella notte tra domenica e lunedì dalla guardia di finanza di Varese su ordine di custodia cautelare chiesto dal pm milanese Gaetano Ruta e firmato dal gip Andrea Salemme.

I fondi distratti ammonterebbero a 2 milioni e mezzo di euro. Soldi utilizzati per vacanze di lusso e acquisti di oggetti d’arte, mobili di antiquariato e tappeti preziosi. Uno dei tappeti (di qui il nome dato all’operazione: «Tappeto volante») pare sia stato pagato più di 100 mila euro. Le società immobiliari gestite dalla coppia avrebbero causato un buco da oltre 80 milioni di euro. Una voragine scavata attorno a due maxi progetti: il primo chiamato «I sette giardini di Saronno», in via Varese, avrebbe dovuto portare alla risurrezione dell’area ex Cemsa attraverso la costruzione di sette palazzine e di due torri ad uso dirigenziale. Qui il passivo fallimentare è di 22 milioni di euro; la Isi srl e la Agrofin spa, entrambe con sede in via Durini a Milano (impegnate nel progetto), sono fallite nel giugno 2009, tra l’altro prima di versare oneri di urbanizzazione per 400mila euro al comune di Saronno. Il secondo progetto avrebbe dovuto portare alla realizzazione di un polo residenziale-alberghiero in riva al Ceresio, a Porlezza. Porto Letizia, questo il nome del complesso, sulla carta mostrava circa 900 appartamenti di lusso. Ma gli alloggi ultimati sono solo 154: di questi una decina circa già venduti ad acquirenti olandesi. Le due società che avrebbero dovuto portare a compimento l’affare, la Morganite srl e le Iniziative Varesine srl, sono fallite tra aprile e giugno 2009; il 50% del capitale sociale Morganite era di proprietà di un trust di Vaduz (Liechtenstein) sempre riconducibile ai due indagati. Qui il passivo fallimentare è di 62 milioni di euro circa. A scoprire la presunta bancarotta fraudolenta è stato il curatore fallimentare milanese che, seguendo i flussi di denaro, tra aree cedute a società di leasing e poi riprese in affitto (Saronno), appartamenti venduti a sottocosto a Porlezza (38 alloggi a 4milioni di euro anzinchè a 5milioni e mezzo come da reale valore, con soli 325 mila euro incassati) e mutui passati ad altri titolari senza che le banche nulla sapessero, ha informato la procura milanese. Che sequestrando i bilanci societari (sono state eseguite 12 perquisizioni) ha anche scoperto dei “rigonfiamenti”: il valore degli immobili di Porlezza portato da 35 milioni a 71 milioni di euro. Ad oggi sul crack insistono una quarantina di creditori, nella maggior parte grossi istituti di credito, che alle immobiliari gestite dalla coppia hanno concesso prestiti esorbitanti sulla base di credenziali fasulle. Gli immobili sul Ceresio (fatto salvo quelli già venduti) finiranno sotto sequestro preventivo per far fronte ai debiti.
Simona Carnaghi

e.romano

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