Senato, sì al ddl anticorruzione Torna il reato di falso in bilancio

Pena fino a 5 anni, bocciato emendamento che voleva innalzarla a 6. Il testo ora passa alla Camera. Il premier cinguetta: «#lavoltabuona»

Passa all’esame della Camera il ddl anticorruzione, dopo la lunga sosta di quasi due anni a palazzo Madama e l’ok definitivo dell’aula del Senato arrivato ieri. Al provvedimento, che inasprisce le pene per i reati di corruzione, concussione e peculato, sono stati aggiunti, durante l’esame in commissione Giustizia, tre articoli sul falso in bilancio, che modificano il codice civile prevedendo l’aumento delle pene in caso di società quotate e non. Il Senato ha approvato il disegno di legge con 165 voti favorevoli, 74 contrari e 13 astenuti. Ora il testo dovrà passare comunque l’esame della Camera. Dopo il via libera il premier Matteo Renzi ha esultato su Twitter: «Approvata la legge anticorruzione: stretta sui reati di mafia, falso in bilancio, aumentano le pene per la corruzione nella P.A.». E ha chiuso con l’hashtag «#lavoltabuona».

Tra gli articoli del provvedimento approvati c’è anche quello relativo al falso in bilancio, che venne depotenziato nel 2002 dal governo Berlusconi e che era stato rivisto nel 2005. Torna dunque ad essere reato senza alcuna eccezione: nella nuova formulazione le pene per le «false comunicazioni sociali» prevedono da uno a cinque anni di reclusione. Non sono passati gli emendamenti di Sel e Lega (uno analogo di senatori Pd è stato ritirato prima del voto) che proponevano invece di alzare le soglie a due e sei anni,

modifica che avrebbe reso possibile l’uso delle intercettazioni. Via libera anche all’articolo 9 (che prevede che, sempre relativamente al falso in bilancio per le società non quotate, vi sia una riduzione della pena in caso di fatti di lieve entità), all’articolo 10 (che fissa la pena della reclusione da tre a otto anni per gli amministratori di società quotate che si siano resi responsabili di false comunicazioni sociali) e all’articolo 11 (sulle multe in termini di quote azionarie per i responsabili di falso in bilancio». Dopo la discussione degli articoli cruciali mercoledì mattina, il voto finale è avvenuto poco dopo le 18

Soddisfatto anche il Guardasigilli, Andrea Orlando, perché «si trattava di un traguardo non scontato. Ma nessun trionfalismo, perché la battaglia contro la corruzione deve andare avanti. E un solo rammarico: che il voto su un tema così importante non sia stato unanime». Per il il viceministro alla Giustizia Enrico Costa, invece, «il voto ha rappresentato un importante banco di prova per la maggioranza e per il governo. Infatti, le opposizioni tutte, da Forza Italia ai 5 Stelle, alla Lega Nord, fino a Sel, si sono unite cercando di far cadere una delle parti più significative del provvedimento: le norme sul falso in bilancio. Ovviamente, per qualcuno queste norme erano “sacrificabili”, perché era prioritario indebolire il governo».