Si sentiva al sicuro. Incastrato da Facebook

L’intuito dei carabinieri e l’indagine mai chiusa

Non è riuscito a rinunciare ai social network: e per i post si è giocato la libertà. , romeno di 47 anni, arrestato in Germania dove era fuggito dopo 13 anni di latitanza perché accusato dell’omicidio di , massacrato a colpi di roncola a scopo di rapina nella notte tra il 10 e l’11 settembre 2004 nella sua abitazione di Comerio, ha ceduto alla seduzione di essere parte della grande comunità virtuale. Probabilmente non credendo che gli inquirenti lo stessero ancora cercando per quell’omicidio: e del resto a lui non era mai stata notificata l’ordinanza di custodia cautelare quindi s’è convinto di averla fatta franca.

I militari del nucleo investigativo del comando provinciale di Varese, guidati dal maggiore e coordinati dal pubblico ministero invece non hanno mai smesso di cercarlo. In Germania dove Sinauschi viveva da anni, prima nella parte est del paese, dove lavorava come cuoco, poi, da qualche mese in Bassa Baviera, dove con la compagna aveva scelto un paesino di duemila anime dove rifugiarsi, si è sentito sicuro.

Ha aperto un profilo su Facebook. In Italia, invece, quei carabinieri che non hanno mai smesso di cercarlo, quando i social sono esplosi, hanno iniziato a monitorarli.

L’intuizione s’è rivelata esatta: il ragionamento degli inquirenti è stato: oggi tutti hanno un profilo Facebook, nessuno riesce a farne a meno. Neanche gli assassini. Il monitoraggio ha portato alla selezione di decine di profili che avrebbero potuto essere quello del latitante.

Il lavoro di scrematura ha portato i carabinieri a identificare chi compariva in video e foto, ad analizzare i dettagli di ciò che veniva postato. Sino ad arrivare al profilo giusto. Bisognava però trovarlo il latitante: Facebook fornisce una geolocalizzazione molto approssimativa. L’area da setacciare è molto ampia.

La polizia tedesca ha dunque lavorato di concerto con quella italiana con appostamenti, pedinamenti. Raccogliendo informazioni. Sino ad arrivare a Unterdietfyrt, 2mila anime appunto nel sud della Germania. Avuta la certezza che quello era il latitante sono scattate le manette. Sinauschi, ora in Italia, non ha parlato in sede d’interrogatorio. Ma le prove a suo carico sono decisamente importanti e granitiche.

Ora da fugare resta un solo dubbio: se quella notte ci fosse un terzo complice. Per il momento, però, non sono emerse evidenze che andrebbero a sostegno di questa ipotesi.