In una società dove le informazioni sulla salute sono numerose e spesso allarmiste, l’attenzione al proprio benessere può diventare un’ossessione. L’ipocondria è una vera e propria malattia, generata da ansia e insicurezza. Come riconoscerla e come curarla?
«La caratteristica essenziale dell’ipocondria si lega al terrore, o alla convinzione, di ammalarsi in base a piccoli sintomi che, come spesso accade allo studente di medicina quando è alle prese con l’esame di patologia generale, sembrano indicativi di probabile malattia,
ma che invece spesso sono immaginari e portatori di “fantasmi” – spiega il prof. Paolo Soru, psicologo e psicoterapeuta varesino – Le rassicurazioni medico-cliniche non sono per niente sufficienti a placare l’ansia di essere ammalati. Il paziente è contento di avere provvisoriamente attirato le attenzioni del medico, che con la sua diagnosi benevola pensa di aver concluso la valutazione clinica, quando in realtà non è così». Ma come fare per riconoscere clinicamente questa malattia? «Il disturbo è principalmente contraddistinto dalla suggestione. Poi, c’è un’aspetto più intimo che è dato dall’immagine di sè: l’insicurezza e l’ansia, sentirsi soli e abbandonati genera un senso di smarrimento, con attacchi di panico al punto che l’idea di essere ammalati. Se l’ipocondriaco si sente solo, depresso, con un senso di smarrimento, è probabile che il terrore e il senso di morte sia sotteso nel suo mondo psichico».
L’ipocondria colpisce indistintamente donne e uomini. «la persona che soffre dia su sto disturbo, ad esempio, può essere stato colpito da una patologia grave e in seguito a questo trauma ha mantenuto uno stato di allerta cronico».
Alcune psicopatologie trovano come esordio l’ipocondria, che rimane l’ultimo grido d’allarme del paziente prima di un crollo psichico. Non è raro che in passato l’ipocondriaco possa aver vissuto con genitori o parenti ansiosi poco rassicuranti, uno dei quali ha imposto uno stile perfezionistico o di tipo ossessivo.
Non esiste una cura specifica per questa malattia. Sicuramente, uno dei primi passi da muovere è quello di un’osservazione psicologica del soggetto che soffre di questo disturbo. «In alcuni casi alla psicoterapia può essere affiancata anche una cura farmacologica a base di serotoninergici e in qualche caso, anche di benzodiazepine, che possono essere di aiuto nel contrastare l’insicurezza e l’angoscia dei sintomi».