Un grido da Kiev: «È rivoluzione»

Tutto inizia con una crisi politica. Il popolo risponde con qualche segnale di protesta. Poi ci si accorge di non essere da soli e la gente si raduna in piazza. Inizialmente il solo obiettivo è di esplicitare il proprio pensiero con la semplice presenza, poi entra in campo la violenza, e la situazione degenera. E così, ad oggi Kiev conta già più di cento morti e un mandato di cattura mondiale per un presidente accusato di “uccisioni di massa’’ che non si trova più.

Bombardato da queste notizie, il nostro pensiero deve andare a coloro che purtroppo ne sono i protagonisti. Per sentirci un po’ più vicini a loro, vi proponiamo la voce di , un ragazzo di 18 anni residente a Kiev che sta vivendo sulla sua stessa pelle ciò che noi vediamo ogni giorno in televisione e leggiamo sui giornali e che spesso finisce per scivolarci addosso un po’ troppo facilmente.

Da questo punto dell’articolo la parola passa a lui: Danil.

La testimonianza

Il motivo principale è che il nostro governo è corrotto. E questo si era già dimostrato diverse volte in passato. Ma ora, a Kiev, la mia città, non si può più stare. È troppo pericoloso. C’è la rivoluzione.

Tutto è iniziato a Mayday, con la decisione del nostro governo di sopprimere la proposta di entrare nell’unione europea. Molta gente si era radunata in piazza già da diverso tempo e quel giorno comparse un’unità di polizia speciale chiamata “Berkuit’’. Circa trenta persone di età diverse sono state seriamente ferite. Eravamo tutti scioccati. Così, il giorno successivo, a protestare c’erano più di 700mila persone. Da quel momento la situazione non fa che peggiorare.

Il 22 febbraio è stato il giorno più terribile per tutti noi. In quel giorno morirono 73 persone durante la protesta. La ragione è che a Maydan c’erano mercenari, soldati con le armi pesanti. È stato terribile vedere la situazione cambiare e degenerare così in fretta, passare dai feriti ai morti.

Ma niente può fermare il popolo ucraino. E così, alcuni giorni dopo, il nostro presidente è corso via più veloce che poteva. Nonostante questo, la gente si trova ancora a Maydan perché abbiamo bisogno di scegliere un nuovo governo. Infatti, la nostra nazione non ha un leader al momento, la situazione non potrebbe essere più precaria di così.

Alla fine del mese scorso, avvertendo che qualcosa di veramente brutto stava per succedere, io, mia mamma e mio fratello più piccolo ci siamo trasferiti a Londra per tre settimane. Era molto brutto quando ogni giorno, accendendo il computer, leggevamo notizie sempre peggiori, e noi eravamo lontani da casa nostra.

Quando è arrivato il momento di tornare avevo paura, ma anche voglia di stare con la mia Nazione e non di fare quello che scappava. Sono andato anche io a Maydan, naturalmente non nei giorni più pericolosi, e ho scattato diverse foto che, riguardando con calma, mi hanno fatto capire quanto la situazione fosse grave. C’era tantissima gente, armata come poteva, tantissimi con mazze da baseball e la cosa brutta è che, dalle loro facce, dai loro sguardi, si capiva che non avevano paura di usarle.

Ora che il peggio sembra essere passato e la situazione stabilizzata, io e la mia famiglia siamo più tranquilli, ma quando mi chiedono un pronostico su quello che succederà non so veramente cosa rispondere. Spero il meglio, ma mi sono accorto che la situazione è molto difficile da interpretare e non è facile tirare le somme di questo scempio.

La morale

Sono queste parole, le parole di un ragazzo tale e quale a molti italiani, che ci fanno comprendere quanto tutto questo è davvero reale e che non può, in alcun modo, scivolarci addosso come se niente fosse.

Perché alla fine, anche questa è una storia già sentita, una come tante altre. Ma l’uomo sembra non comprenderne mai la morale.

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