Varese, il branco che sa solo vincere

Alla scoperta delle ragazze di Lilli Ferri, per ora dominatrici incontrastate della serie B

Sei perle sei, una diversa dall’altra, scovate su una spiaggia talmente grande da lasciare spazio a mille altri tesori, tanti quanti solo l’ambizione può contarne. Sei facce della stessa, vincente, fatica: l’opulenza (nei successi casalinghi, larghi, contro Vittuone e Milano), la difesa (segni 43 punti ad Usmate in una giornata no dell’attacco, ma ne subisci solo 39), la sofferenza (il recupero contro Bresso, ultima in classifica per sbaglio, dopo essere stati sotto di 8 punti all’intervallo).

È un piacere che si rinnova puntuale ad ogni stagione la conta delle imprese della Pallacanestro Femminile Varese, al momento dominatrice incontrastata della fase regionale del campionato di serie B. Sei partite disputate, sei vittorie: difficile trovare un’abitudine più piacevole di quella di alzare le braccia ogni domenica che il Signore consacra alla palla ala cesto. Eppure, dalle parti del Pala“Branco” (branco come le lupacchiotte che azzannano il parquet ogni volta che lo calcano) di Gazzada non c’è nulla di scontato nella missione che si rinnova ogni weekend e tende alla costanza, sfiorando la perfezione: «Sono state sei vittorie in progressione, ad ogni partita è arrivato qualcosa in più dalle mie giocatrici», commenta con fiera consapevolezza coach Lilli Ferri. «È stato un percorso quasi indispensabile in un campionato che non ti concede mai avversarie abbordabili. Ciò che mi fa più piacere, però, è vedere che le mie atlete hanno il sentore di poter fare sempre meglio. É facile arrivare in palestra con le orecchie basse e la voglia di migliorare dopo una sconfitta, meno che una delle tue ti fermi dopo sei vittorie e ti dica: «Lilli, questa cosa la facciamo ancora male. Lavoriamoci su». Questa è una consapevolezza che mi inorgoglisce ma che non è arrivata per caso: dietro c’è un cammino».

Sì, c’è per davvero. E coincide con i sei (il numero di giornata) anni passati a Varese da questa coach rompiscatole, precisa, umana, determinata e sognatrice. Con in testa il progetto “folle” di far diventare grande il basket femminile in una città che muore per la palla a spicchi declinata al pomo d’Adamo.

Un sogno ad occhi aperti, ma in piena realizzazione: «Ho sempre apprezzato i rapporti a lungo termine – sorride Ferri – e qui di lavoro da fare ce n’è ancora tanto. Il progetto Varese prevedeva, oltre alle promozioni della prima squadra, anche e soprattutto la volontà di creare una solida base di giocatrici sul territorio e quindi lavorare sul settore giovanile. Ce la stiamo facendo, ma ci vuole ancora tempo».

Nel frattempo, oltre a quelle vittorie che quasi asciugano gli aggettivi dei commentatori per quanto sono puntuali e brillanti, l’obiettivo già raggiunto si chiama visibilità. Varese si sta accorgendo del “rosa” e non potrebbe essere altrimenti: «La gente capisce che siamo una realtà capace di crescere e di farlo in modo sano. Insomma, è facile affezionarsi».

Ed è facile affezionarsi (ovvero, dal latino, “afficere”, “toccare”, “commuovere lo spirito”) anche alla visione iperbolica eppure così concreta di questa coach, del suo branco di lupi gentili e spietati insieme e di tutti coloro che, nei dintorni del PalaBranco, lottano per un sogno.